Una delle tecniche di meditazione più conosciute nel buddismo è l’Anapanasati, che prevede una meditazione basata sull’osservazione del Dhamma tramite il respiro. Già il Buddha Siddharta parla di Anapanasati nei suoi discorsi e insegnamenti, concentrandosi sull’importanza della reale consapevolezza di sé mentre si respira.
Premessa: i concetti di oggi valgono per il buddismo thailandese, e si basano principalmente su tre libri: Dictionary of Buddhism, di Phra Brahmagunabhorn (P.A. Payutto) (versione bilingua thai + inglese), Anapanasati. Mindfulness with breathing di Buddhadasa Bhikkhu (versione inglese), entrambi trovati nella libreria del tempio Wat Suan Mokkh e The Pocket Thich Nhat Hanh (versione inglese), dove sono contenuti alcuni importanti concetti e discorsi del monaco vietnamita Thich Nhat Hanh.
Quando nel post parlo di buddismo, quindi, mi riferirò sempre e solo al buddismo diffuso qui in Thailandia, che si basa sui discorsi e gli insegnamenti del Buddha Siddharta.
Ovviamente, essendo un post riassuntivo, non mi dilungherò eccessivamente sull’argomento, cercando di darvi le conoscenze base per capire il significato di questo concetto, così da poter poi parlare di altri argomenti collegati più avanti, in altri post dedicati al buddismo.
I termini utilizzati saranno quelli in pali o eventualmente in sanscrito, secondo l’utilizzo internazionale, basandomi su come vengono riportati nei libri di cui sopra.
Prima di continuare con la lettura, vi consiglio di rileggere il post sul Dhamma QUI, in modo da poter seguire meglio il resto dei concetti.
Questo lungo termine Pali è da leggere così come viene scritto: A-na-pa-na-sa-tì, e può essere tradotto come “indagare con consapevolezza una qualsiasi cosa mentre si inspira ed espira”.
Il termine “consapevolezza” è la traduzione del termine pali “Sati”, e comprende l’unione della comprensione raggiunta tramite la ragione e della comprensione raggiunta attraverso le facoltà corporee, per una consapevolezza completa di corpo, mente e spirito.
Tramite l’Anapanasati è possibile indagare, ovvero soffermarsi ad analizzare per comprendere meglio la realtà, o Dhamma, ed esistono diversi livelli di meditazione.
A chi si avvicina per la prima volta a questa pratica, si consiglia di cominciare concentrandosi sul proprio respiro, ed in particolare sui due momenti di inspirazione ed espirazione. Alcuni potrebbero chiedersi “ma dunque devo sedermi a gambe incrociate, chiudere gli occhi e pensare “adesso inspiro, adesso espiro”?”.
In effetti il concetto è quello (anche se in realtà non esiste una posizione “giusta” per meditare, anzi, spesso viene suggerito semplicemente di assumere una posizione comoda), ma l’Anapanasati non si limita a un semplice “inspiro-espiro”.
Seguite il respiro, percepite la durata e la profondità, sentite i polmoni contrarsi e l’aria passare dalle narici, attraverso la laringe fino ai polmoni, per poi fare il percorso inverso.
Inizialmente, limitatevi ad osservare e concentratevi sul vostro respiro naturale: vi sarà utile più avanti, quando passerete al “livello successivo” e prenderete in esame delle respirazioni più specifiche in situazioni anormali (ad esempio sotto sforzo, o quando siete in balia di determinate emozioni o mentre state pensando a precisi avvenimenti o persone – ma di questo parleremo in un altro post in futuro).
Questa analisi sul respiro, porterà la vostra mente a lasciar da parte gli altri pensieri, permettendovi di addestrare la mente a concentrarsi su ciò che succede nel “qui ed ora”, invece di perdersi dietro a pensieri nostalgici riguardanti il passato o lasciarsi trasportare da pensieri angoscianti e incerti sul futuro.
Nella nostra vita di tutti i giorni infatti la nostra mente continua a parlarci ininterrottamente, spesso senza essere interpellata, come una TV lasciata accesa mentre facciamo altre faccende.
Quante volte vi è capitato di star facendo una cosa, ma di avere la mente completamente da un’altra parte? Attenzione, non mi sto riferendo a qualcosa che fate consapevolmente, ad esempio ascoltare musica mentre fate jogging, o guardare un telefilm mentre lavate i piatti. Mi riferisco a pensieri che vi colgono di sorpresa, e su cui vi soffermate senza neanche rendervene conto, togliendo la vostra attenzione su ciò che stavate facendo.
Con l’Anapanasati sarà più facile diventare consapevoli di questi pensieri. Mentre meditate infatti, vi renderete conto di quando la vostra mente si allontana dalla meditazione, e sarà più facile riportarla al punto di partenza, limitando i pensieri negativi e superflui, semplicemente concentrandosi nuovamente sulle due fasi inspiro-espiro.
Si dice che quando venne chiesto al Buddha cosa ci guadagnasse dal meditare, egli abbia risposto
Nulla. Ma ti dirò cosa ho perso: rabbia, ansia, depressione, insicurezza, paura della vecchiaia e della morte.
Buddha was asked
“What did you gain from meditation?”
He replied “Nothing. However, let me tell you what I lost: Anger, Anxiety, Depression, Insecurity, Fear of old Age and Death”.
La risposta di Buddha è semplice e chiara: la meditazione non porta alla felicità, come alcuni potrebbero pensare, bensì permette di liberarsi da determinate emozioni negative che accomunano tutti gli esseri umani.
L’Anapanasati permette di fare una “tabula rasa” nella propria mente: il passato non si può cambiare, e rimuginarci sopra non aiuta, anzi, spesso non fa altro che avvelenare il presente, mentre il futuro è ancora lontano, e preoccuparsi eccessivamente di ciò che deve avvenire può spesso impedire di agire nel presente per assicurarsi un futuro più luminoso.
Fate attenzione però, qui non si sta dicendo che bisogna ignorare del tutto il passato o non preoccuparsi affatto del futuro; la giusta via sta nel mezzo, ovvero preoccuparsi il giusto, ma concentrandosi comunque sul presente.
Facciamo un esempio molto semplice, ritornando un attimo sui banchi scolastici. Se ad esempio uno studente continua a piangersi addosso per un brutto voto, e nella sua testa continua a darsi la colpa perché “avrei dovuto studiare di più / avrei dovuto fare più attenzione in classe”.
Ora si preoccupa perché quel brutto voto gli ha rovinato la media e rischia di essere rimandato a fine anno, e quelle preoccupazioni si trasformano in ansia, e l’ansia gli impedisce di studiare per l’interrogazione del giorno dopo, per poi sentirsi frustrato perché si rende conto di non riuscire a memorizzare nulla, pur continuando a rileggere la stessa pagina da più di un’ora. Come credete che andrà la sua verifica l’indomani?
Sicuramente lo stress, l’ansia, la frustrazione e i sensi di colpa, a lungo andare, non potranno fargli alcun bene, né psicologicamente, né come risultati scolastici.
Ora, immaginate invece come si sentirebbe questo studente se potesse continuare a studiare senza tutte queste emozioni negative. Sarebbe felice? Forse non nel significato che molti applicano alla felicità, ma sarebbe di sicuro più sereno.
Ma forse, a volte la serenità può essere molto più desiderabile della felicità, ed è in un certo senso anche più facile da raggiungere, almeno teoricamente.
Ovviamente non è così semplice eliminare i cattivi pensieri, soprattutto perché la mente è abituata a rimuginarci su, consapevolmente o meno. Se provate a meditare, li vedrete spesso comparire e “farsi forza”, facendovi distrarre dalla vostra osservazione del respiro. La cosa importante, anzi, fondamentale quando succede è di NON OPPORVI.
“Don’t fight them” affermano molti monaci buddisti, ma lasciateli “vivere”, limitatevi ad osservarli e cercate di rimanere oggettivi e distaccati, come fossero bolle di sapone che vi passano davanti. Se non alimentate quei pensieri, vedrete che “scoppieranno” naturalmente. Magari si ripresenteranno in futuro, cercando di attecchire, ma con una giusta e costante pratica meditativa, vedrete che le loro “visite” saranno sempre più rare.
Una mente che si allena spesso con esercizi di Anapanasati permette di concentrarsi sul momento presente, e di vivere al 100% un determinato momento.
Questo concetto viene ripreso anche dal monaco vietnamita Thich Nhat Hanh, che dà molti spunti di riflessione sull’argomento.
Fermatevi a pensare un attimo all’ultimo pasto che avete mangiato: quand’è stata l’ultima volta che avete davvero gustato il cibo che avevate nel piatto, e non vi siete limitati a mangiarlo “in sotttofondo” mentre eravate concentrati su altro?
Ebbene sì, il buddismo non ama molto il multitasking, puntando invece a fare ogni cosa per bene, concentrandosi in ogni passaggio per assaporare ogni piccola cosa ed essere davvero consapevoli delle proprie azioni.
Si tratta certamente di una “slow life” molto in contrasto con la frenesia della vita di oggi, ma entrare in questa modalità ogni tanto permette alla mente di rilassarsi e di “prendersi una pausa”, oltre che a dare la giusta importanza ad ogni azione fatta o persona con cui ci si trova, ed è molto utile anche per rivedere le proprie priorità e trovar loro il giusto posto nella propria quotidianità.
Un’immagine che mi ha molto ispirato a riguardo è descritta dallo stesso monaco Thich Nhat Hanh, che racconta:
questo è quello che ho imparato durante il mio addestramento al monastero, quando il mio maestro mi ha insegnato come offrire un bastoncino di incenso. Un bastoncino di incenso è molto piccolo e leggero, ma il giusto modo di tenerlo è con due mani. Quando offri il bastoncino di incenso, devi impegnare il 100% del tuo essere nelle tue mani e in due delle tue dita – l’energia della consapevolezza deve essere concentrata lì. Può sembrare un rituale, ma si tratta realmente di un vero atto di consapevolezza. Metto la mia mano sinistra sopra la mano destra, e durante questo momento, mi concentro al 100%. L’incenso è un’offerta a Buddha, ma Buddha ha davvero bisogno dell’incenso? Questa è in realtà un’offerta di pace, di gioia e di concentrazione.
Thich Nhat Hanh
Lascia un commento