I musulmani in Thailandia rappresentano una grande comunità, e, soprattutto al sud, non è affatto inusuale imbattersi in thailandesi musulmani.
Infatti, anche se la religione ufficiale in Thailandia è il Buddismo, possiamo trovare anche comunità di altre religioni: Islam, Cristianesimo, Induismo e Sikh.
In particolare, nel sud della Thailandia ci sono molte città in cui sono le comunità musulmane convivono pacificamente con i buddisti. Questa convivenza è possibile grazie ad alcune abitudini che potrebbero non sembrare così ovvie per gli occidentali.
Oggi vedremo insieme alcune di queste convenzioni implicite che ho imparato pian piano anche io, soprattutto nel periodo in cui ho vissuto ad Hatyai (2010-2017) e ho conosciuto e lavorato con diversi musulmani.
Premessa importante
I musulmani in Thailandia si possono dividere principalmente in due categorie: le famiglie più aperte di mentalità, e le famiglie con mentalità più rigida.
È sempre sbagliato generalizzare troppo, e di seguito vi racconterò della mia personale esperienza legata principalmente alle zone di Hatyai e Songkhla, dove ho avuto modo di conoscere persone provenienti da entrambe le famiglie che mi hanno raccontato un po’ delle loro abitudini.
Venerdì festivo
Oltre ai colleghi e alle colleghe, ricordo bene di aver lavorato con diversi elettricisti e falegnami musulmani.
Ed è così che ho imparato che è meglio evitare prendere appuntamenti con loro il Venerdì. In particolare, ricordo che l’elettricista dell’ufficio e il suo team, il Venerdì non si presentavano mai al lavoro, a meno che non ci fossero delle emergenze, perché si recavano alla Moschea (o, se vogliamo usare il termine thailandese, Masayid – มัสยิด ).
Venerdì è infatti un giorno sacro per i musulmani, e molti di loro si recano alla Moschea per le preghiere pubbliche. Da quanto ho capito, si tratta di un obbligo riservato agli uomini, mentre alle donne è solamente “fortemente consigliato” recarsi alla Moschea.
Ovviamente non tutti possono permettersi di prendersi il Venerdì libero, e quindi alcuni dei miei colleghi musulmani venivano a lavorare in ufficio come al solito, ma si prendevano del tempo per le preghiere, portando con sé il tappeto da preghiera e andando in una stanza tranquilla (solitamente la sala riunioni) in orari prestabiliti.
Le mie colleghe inoltre avevano anche l’abito apposito per la preghiera, che però indossavano solo per quest’occasione – dopo aver finito di pregare infatti si toglievano l’abito, rivelando nuovamente la divisa dell’ufficio.
Si tratta di un’abitudine a cui i thailandesi buddisti sono abituati, e anzi, spesso ho notato che si cerca di non sovrapporre gli impegni per permettere ai colleghi e colleghe musulmani di poter trovare il tempo necessario da dedicare alle preghiere.
Velo o non velo…
La maggior parte delle colleghe che ho conosciuto erano musulmane appartenenti a famiglie di mentalità aperta. Ciò significa che venivano a lavorare senza velo, vestendosi come preferivano, e senza che ciò comportasse grandi problemi in famiglia.
Come mi hanno raccontato diverse di loro, gli adulti e gli anziani di casa permettevano loro di vestirsi liberamente, a patto di evitare pantaloncini troppo corti e maglie e camicie troppo scollate.
Insomma, le mie colleghe non si vestivano tanto diversamente da me. Il velo lo indossavano solo nelle festività o nelle occasioni speciali, tanto che mi è capitato di vederle con il velo solo raramente nelle foto che postavano su Facebook durante il Ramadan con la famiglia.
Ma ovviamente non tutte le famiglie sono così: una ragazza in particolare, un architetto la cui famiglia di origine non era di Hatyai, ma di una città più a sud, apparteneva ad una famiglia con una mentalità più “rigida”.
Lei è sempre venuta a lavorare con il velo, e anche durante la giornata dello sport indossava una maglia a maniche lunghe sotto la maglietta dell’ufficio. Anche la fidanzata di un mio collega ci teneva molto a indossare il velo, e se lo toglieva solo in casa in presenza dei parenti.
Più che un obbligo da parte della famiglia, questa loro scelta era consapevole e derivante dalla loro fede, che è un qualcosa di molto personale. Una precisazione che mi sembra doveroso fare, è che le mie colleghe musulmane, con e senza velo, hanno sempre lavorato insieme in maniera amichevole, aiutandosi l’un l’altra e senza mai criticare le scelte prese: insomma, la mia collega architetto con il velo non ha mai tacciato le altre ragazze di essere meno musulmane perché avevano scelto di non indossare il velo, e viceversa.
Halal Food: la garanzia per i musulmani in Thailandia
Come molti sapranno, tra le varie regole che seguono i musulmani c’è quella che riguarda il non mangiare la carne di maiale.
A seconda delle abitudini della famiglia, ci si può imbattere in musulmani che mangiano dappertutto, limitandosi a non ordinare il maiale, e musulmani che invece mangiano solo in ristoranti islamici o dove il maiale non è presente nel menù.
Aneddoto su come i musulmani in Thailandia scelgono i ristoranti in cui mangiare
Una volta, una mia collega musulmana mi spiegò che quando era piccola ad Hatyai non c’erano ristoranti musulmani, per cui se lei e la sua famiglia volevano andare a mangiare fuori, non avevano avuto scelta se non quella di “adattarsi” a mangiare anche in ristoranti in cui venivano preparati piatti a base di maiale.
Ad esempio, c’era un ristorante di noodle che mi ha fatto conoscere proprio lei, dove però servivano anche maiale. La mia collega mi spiegò che per lei era importante che il pollo non fosse “contaminato” dal maiale. In altre parole, in quel ristorante il brodo di maiale e il brodo di pollo erano cucinati in due pentole differenti, per cui lei non aveva problemi a mangiare lì.
Per riconoscere più facilmente i posti in cui i musulmani in Thailandia possono mangiare senza dover interrogare i cuochi, esiste un apposito logo che permette di riconoscere i ristoranti Halal da quelli in cui invece sono presenti anche menù a base di maiale.
Questo logo è presente anche su diversi alimenti nei supermercati, ed è particolarmente utile anche per i buddisti, soprattutto quando si deve preparare un pranzo o una cena in comune, e si vuole essere sicuri di preparare qualcosa adatto a tutti.
Generalmente parlando, i buddisti preparano sempre almeno un paio di piatti che possono essere mangiati anche dai musulmani senza problemi, ma non perché i musulmani si “impongano”. Mi è sempre sembrato che i buddisti trattino la scelta del non mangiar maiale alla pari di un’allergia: se loro non lo mangiano, allora preparerò qualcos’altro.
Cibo: sedersi al ristorante
Una cosa particolare che mi è sempre sembrata molto buffa è la disposizione che avevamo a tavola quando andavamo a mangiare fuori con i miei colleghi: da una parte del tavolo c’erano i musulmani, dalla parte opposta chi mangiava maiale ma non carne di bue/mucca/bufalo, e al centro chi mangiava di tutto.
Come vi ho raccontato in un post precedente, in Thailandia c’è l’abitudine di ordinare varie pietanze da “smezzare” con gli altri, per cui i piatti venivano disposti alle due estremità del tavolo a seconda delle preferenze alimentari dei commensali.
E io, che mangio un po’ di tutto, finivo sempre per sedermi in mezzo, potendomi così servire sia dai piatti di destra, sia dai piatti di sinistra.
Cibo: schiena contro schiena
Mia mamma invece mi ha raccontato questo aneddoto di quando era bambina. Quando andava alle elementari a Chana (una città un po’ più a sud di Hatyai, ma sempre nella provincia di Songkhla), lei e le sue compagne di classe si portavano il pranzo da casa. E visto che lei e le altre bambine buddiste avevano spesso menù a base di maiale, facevano pranzo mettendosi schiena contro schiena con le bambine musulmane, in modo da poter chiacchierare durante il pranzo e non dover mangiare separatamente (come dice il proverbio: occhio non vede, cuore non duole).
Cibo: scherzi di cattivo gusto
Sempre riguardo al cibo, mi ritornano in mente diversi racconti di alcuni colleghi musulmani a cui, in adolescenza, i compagni di classe avevano fatto lo scherzo di far mangiar loro carne di maiale a loro insaputa, per poi rivelare la verità a fine pasto. Non c’è quindi da stupirsi se alcuni musulmani in Thailandia tendono a chiedere diverse conferme dai camerieri prima di farsi servire, ma ovviamente ciò dipende da caso a caso.
Tra i vari piatti tipici thailandesi, ce ne sono moltissimi che hanno come base il maiale, e spesso la carne di maiale tritata viene usata anche per insaporire piatti a base di pesce e frutti di mare.
Cameriere e cassiere musulmane
Un’altra curiosità, riguarda una catena di ristoranti ad Hatyai in cui tutti i piatti preparati erano a base di maiale. La particolarità era nelle cameriere, molte delle quali indossavano il velo; parlando della cosa alle mie amiche colleghe, mi hanno spiegato che per alcune di loro l’importante è non toccare direttamente il maiale né mangiarlo, ma che a loro non dà fastidio se altri lo mangiano.
È anche vero che questo è un discorso abbastanza complesso, in quanto una delle mie colleghe mi spiegò come invece secondo sua nonna lei avrebbe dovuto rifiutare di acquistare, per esempio, un panino al prosciutto per fare un piacere ad una di noi che non poteva allontanarsi dall’ufficio per via di una consegna o di una riunione improvvisa.
Lei però mi spiegò che le sembrava eccessivo, e che non voleva che questa regola influenzasse la sua vita limitando le tipologie di lavori che avrebbe potuto fare.
Questa affermazione mi ha colpito, ma ho capito presto il perché delle sue parole qualche tempo dopo, quando, al supermercato, io e mia mamma ci siamo trovate una cassiera musulmana che doveva scansionare il maiale che mia mamma aveva scelto dall’area macelleria.
La donna, che indossava il velo e la divisa del supermercato, si è limitata a prendere dei guanti di plastica (quelli del reparto frutta per intenderci) e passare il maiale senza alzare un sopracciglio, con mia mamma che, quando si è resa conto dell’”errore”, le ha chiesto scusa.
La cassiera ha semplicemente sorriso, dicendo che non era un problema e che era pronta per questa evenienza, perché non poteva mandare via dalla sua cassa tutti coloro che acquistavano maiale o prodotti derivati.
Luoghi di preghiera pubblici
Un’altra particolarità in cui ci si può imbattere negli spazi pubblici, è il cartello “Muslim Prayer Room”, ovvero “stanza per la preghiera per i musulmani”.
Si tratta di spazi appositi adibiti per i musulmani, dotati di bagni appositi divisi per uomini e donne.
Mi è capitato di vedere questi cartelli sia nelle aree di sosta nelle pompe di benzina per la strada, sia nei centri commerciali e nei luoghi delle fiere.
E sebbene non mi sia mai capitato di andarci, vedo che sono molto utilizzati (soprattutto il Venerdì). Si tratta di un modo di permettere ai musulmani in Thailandia di viaggiare liberamente nei weekend, senza dover rinunciare al loro momento di preghiera.
Questa cosa mi ha sempre fatto sorridere, perché mi ha fatto tornare in mente mio papà: la Domenica era il giorno della gita settimanale (perché Sabato c’era catechismo, e quello non si saltava), ma per mio padre la gita doveva per forza farsi nel pomeriggio perché “la mattina c’è la Messa”.
Insomma, se uno è credente e ci tiene, è giusto che trovi un modo per riuscire a fare tutto senza rinunciare a ciò che ritiene importante; e la presenza di questi luoghi di preghiera pubblici per i musulmani, mi fa ricordare che è giusto rispettare la fede altrui, indipendentemente dalla propria fede.
Appellativi musulmani in Thailandia
Se per le donne che indossano il velo, e gli uomini che indossano il tipico copricapo bianco, è relativamente facile riconoscere la loro appartenenza all’Islam, lo stesso non si può dire per gli uomini e per le donne senza velo.
Ma, in alcuni casi, gli appellativi possono darci una mano: oltre agli appellativi thailandesi infatti, possiamo sentire anche gli appellativi musulmani.
Attenzione: l’appellativo è riferito ai musulmani in Thailandia, ed è utilizzato sia tra musulmani, ma anche dai buddisti per chiamare un musulmano, come segno di rispetto nei suoi confronti.
Ad esempio: il corrispettivo di P’ ( พี่ ) per gli uomini è Bang ( บัง ), mentre per le donne è Ka ( ก๊ะ ).
Ciò significa che posso chiamare un uomo musulmano semplicemente “Bang” o “Bang + soprannome-di-quella-persona”, oppure, se non sono sicura che sia musulmano, chiamarlo “P” o “P’+ soprannome-di-quella-persona”, usando così l’appellativo thailandese.
(Per approfondire gli appellativi, consiglio di recuperare questo post).
Purtroppo non conosco molti appellativi musulmani, perché per la maggior parte delle persone che conosco, io utilizzo gli appellativi thailandesi, a parte alcuni professionisti (ovvero alcuni falegnami e l’elettricista di cui sopra) che tutti chiamavano “Bang”, e che di conseguenza, anch’io chiamavo così.
Matrimoni “misti” con musulmani in Thailandia
Spesso qui sul blog mi avete sentito parlare di famiglie di origine cinese in contrapposizione alle famiglie “pure” thailandesi o alle famiglie musulmane.
In realtà ciò non vuol dire che non ci siano famiglie “miste”, anzi, ho conosciuto persone nelle cui famiglie in cui in realtà c’erano due o tutte e tre le culture di cui sopra.
Ma se non c’è molto da dire per quanto riguarda i matrimoni tra thailandesi di origine cinese e thailandesi, per chi si sposa con un musulmano o una musulmana è necessario convertirsi all’Islam.
Il che comporta, in alcuni casi, a conversioni che possono essere solo di “facciata” per accontentare i genitori della persona musulmana; tuttavia ho anche visto casi di gente che ha abbracciato felicemente l’Islam e pratica attivamente.
Musulmani in Thailandia: matrimoni poligami?
Quest’argomento è molto dibattuto dagli uomini musulmani, in quanto si basa su quanto il profeta Maometto ha detto nel Corano.
Ho conosciuto sia uomini favorevoli, sia uomini contrari su questa posizione, a seconda dell’interpretazione che davano alle parole presenti nella Scrittura.
In particolare, mi è stato spiegato che nel passaggio in questione, a chi gli aveva chiesto se fosse possibile per un musulmano avere più di una moglie, Maometto avrebbe risposto con le parole “sì, ma solo se riesci ad amarle tutte in egual modo.”
Ecco quindi il quesito: si possono amare diverse persone contemporaneamente in egual modo? (e attenzione, quando si parla di “amare in egual modo” si parla anche dal lato economico, non solo quello affettivo).
Secondo alcuni miei colleghi musulmani no, ed in effetti loro erano monogami, ma ho anche avuto un collega che invece di mogli ne aveva due, o tre (ammetto di non ricordare con precisione) e lui e le sue mogli convivevano senza problemi.
Insomma, anche qui non è bene generalizzare, e sebbene personalmente abbia qualche problema a capire come possano più donne convivere pacificamente sotto lo stesso tetto “condividendo” lo stesso uomo, se loro vivono bene così, non sarò certo io a farmi problemi per loro.
Comunità LGBTQIA+
Nonostante questa rigidità, per cui molte famiglie musulmane non accettano il matrimonio se l’altra persona non si converte, ho anche avuto modo di conoscere persone islamiche appartenenti alla comunità LGBTQIA+ che erano in ottimi rapporti con la famiglia, e anzi, avevano anche portato a conoscere il proprio partner ai genitori.
Ovviamente, anche in questo caso è bene non generalizzare, ma da quello che ho visto posso dire che le famiglie dei musulmani in Thailandia sono abbastanza ben disposte a venire incontro alle esigenze dei figli, sia quando si tratta di volersi fidanzare con una persona non-musulmana, sia quando si tratta di abbracciare la propria identità, anche se non corrisponde al sesso di nascita.
Convivenza e rispetto
Queste sono alcune delle cose che più mi hanno incuriosito riguardo la convivenza tra buddisti e musulmani in Thailandia, in particolare qui al sud.
Ciò che però mi è sempre sembrato chiaro è che questa convivenza è possibile perché nessuna delle due parti si è imposta sull’altra, ma anzi, entrambe cercano di rispettare gli usi e le credenze dell’altra parte.
Ad esempio: in ufficio è capitato diverse volte che si organizzassero dei riti buddisti propizi, magari per l’inaugurazione di una nuova parte dello studio o per il trasferimento di uno degli uffici. I miei colleghi musulmani erano sempre presenti a questi riti, ma si limitavano a non partecipare, senza però commentare negativamente ciò che veniva fatto.
Anche quando si doveva organizzare una cena o un pranzo d’ufficio si cercava sempre di fare in modo di non mettere nessuno a disagio, cercando quindi di accontentare tutti e tenere in considerazione le preferenze di ognuno.
E forse, potremmo dire che quando ci si sforza di rispettare gli altri, non c’è bisogno di imporre la propria visione del mondo agli altri, ma si può convivere pacificamente imparando dalle altre culture e arricchendosi mentalmente.
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