Wat Suan Mokkh, scritto anche come “Wat Suan Mok”, è un monastero naturale che si trova a Chaiya, nella provincia di Suratthani, nel sud della Thailandia. È un luogo davvero particolare, immerso nella foresta, in cui diversi monaci vivono pacificamente, dedicando la propria vita alla meditazione e allo studio.
Il numero di monaci può variare dai 40 ai 70, a seconda della stagione – durante la stagione delle piogge infatti, o meglio, durante il periodo di Quaresima buddista in cui è vietato ai monaci di uscire dal tempio, il numero può aumentare per ospitare i monaci pellegrini che si trovavano nella provincia all’inizio della Quaresima.
Si tratta di un tempio molto famoso sia tra i thailandesi, sia tra gli stranieri, che possono rifugiarsi qui per partecipare ad un corso immersivo di meditazione della durata di 10 giorni in inglese, dedicato proprio per tutti gli stranieri interessati a cominciare un percorso spirituale sulla base degli insegnamenti del Buddha.
UN PO’ DI STORIA
Il monastero fu fondato nel 1932 dal monaco Buddhadasa Bhikkhu, dopo esser tornato nella provincia natale dopo qualche anno di studio a Bangkok.
Era diventato monaco nel 1926, a 20 anni, e il suo viaggio nella capitale lo lasciò pieno di delusione; il monaco infatti non trovò nella capitale la purezza che si aspettava – si dice che descrisse i templi della capitale come “sporchi e corrotti”, e preferì tornare a vivere a contatto con la natura.
Inizialmente non era sua intenzione fondare un tempio, ed infatti il nome “Bhikkhu” che adottò significava originariamente “mendicante rinunciatario”, anche se con il passare del tempo divenne sinonimo di “monaco”. Il termine “Buddhadasa” invece significa “Servo del Buddha”. Spesso si può anche sentire le persone parlare di lui appellandolo “Ajarn” ovvero “Maestro”.
IL VENERABILE MONACO BUDDHADASA BHIKKHU
Gli studi del monaco Buddhadasa Bhikkhu lo portarono a riprendere in mano le traduzioni dei discorsi del Buddha, cercando di ritrovare le vere basi degli insegnamenti e togliere tutto ciò che non era necessario (commenti etici, politici e rituali futili) e che aveva cominciato a portare fuori strada chi si avvicinava al buddismo.
Lavorò principalmente con i testi in lingua Pali, basandosi principalmente sui Sutta riportanti i discorsi del Buddha, mantenendo un approccio scientifico e pratico, e mettendo per iscritto tutte le sue ricerche.
Questo suo lavoro gli costò molte critiche, a cui però non diede mai troppo peso; il monaco Buddhadasa Bhikkhu era infatti convinto che la vera via fosse rimanere fedele ai veri insegnamenti del Buddha, e non lasciarsi influenzare dalle parole degli uomini.
E presto molti monaci si avvicinarono al suo pensiero, tanto che nel 1954 il monaco Buddhadasa Bhikkhu fu invitato a tenere il discorso di apertura dalla delegazione monastica thailandese ufficiale al sesto Consiglio tenutosi a Rangoon.
Nella sua vita, il monaco Buddhadasa Bhikkhu ricevette diversi riconoscimenti dalle più importanti università thailandesi, scrisse diversi libri e tenne moltissimi sermoni, i quali vennero sia registrati, sia trascritti e tradotti, per poter essere consultati da più persone possibili.
I giovani riscoprirono il buddismo attraverso i suoi lavori, sia quelli che vivevano in città, sia quelli nelle campagne, e molti monaci cominciarono a praticare ciò che veniva insegnato dal Buddha, invece di attenersi alle semplici tradizioni e riti imposti dalle diverse scuole di pensiero buddiste.
Dopo la fondazione del tempio di Suan Mokkh, il monaco Buddhadasa Bhikkhu si mise a studiare tutte queste scuole di pensiero buddista, e anche molte altre religioni, tra cui il Cristianesimo, l’Islam, la religione Indù, il Confucianesimo, la religione dei Sikh e l’Ebraismo.
Il suo approccio alle altre religioni si basava sulla ricerca di punti in comune più che sulle differenze che potevano portare a conflitti; e ciò spiega anche le sue relazioni con persone con credenze religiose diverse dalla sua, sparsi per tutto il mondo.
La sua filosofia, quando si parlava di religione, si basava infatti su ciò che viene solitamente chiamato “Tre Risoluzioni”, una scuola di pensiero che si basa su questi tre concetti:
- Per aiutare qualcuno, è necessario capire il cuore della loro religione
- Per creare un buon rapporto tra le religioni è necessario che da entrambe le parti ci sia una volontà di comprensione
- È possibile una collaborazione tra religioni per eliminare il materialismo dal mondo
Il più grande problema del mondo moderno, secondo il monaco Buddhadasa Bhikkhu è infatti l’attaccamento a ciò che “è mio”. L’affermazione di sé, e la volontà di essere il padrone di qualcosa, e soprattutto la dichiarazione “questo è mio, quello è tuo” sta alla base della maggior parte dei conflitti umani. Questo argomento è stato affrontato in un libro molto interessante che si chiama “I and Mine” (ovvero “Io e Mio”).
L’ultimo progetto a cui lavorò fu istituzione dell’ “International Dhamma Hermitage”, ovvero un posto di riferimento per :
- gli stranieri che volevano avvicinarsi al buddismo
- i buddisti di tutto il mondo che volessero studiare il vero “cuore del buddismo”
- i leader di tutte le religioni che volessero organizzare dei meeting multiculturali basati sull’accettazione e sulla cooperazione per poter combattere insieme il materialismo che governa il mondo attuale
Criticò aspramente sia i governi, sia le organizzazioni che pretendevano di prendersi cura dei poveri e dei bisognosi organizzando meeting esclusivi in alberghi di lusso e con moltissime telecamere puntate addosso, dimostrando di volersi mettere in mostra, più che mettersi in discussione per cercare qualche soluzione.
Nonostante la sua fama, chiunque poteva avvicinarlo per porgli domande o cominciare conversazioni basate sul Dhamma, sulla Natura e sul dolore; e si dice che chiunque potesse trovare il maestro seduto su una semplice panca di fronte alla sua abitazione.
Il monaco Buddhadasa Bhikkhu morì a 87 anni nel 1993, dopo diversi attacchi di cuore e ictus, che però non gli impedirono di tornare ad insegnare dopo ogni crisi.
Nonostante non sia più fisicamente alla guida del tempio, i suoi insegnamenti e la sua volontà rimangono vivi nelle azioni e nelle intenzioni dei monaci che vivono a Wat Suan Mokkh.
LA STRUTTURA
Il Wat Suan Mokkh ricopre un’area molto estesa, divisa principalmente in due zone: l’area principale si trova sulla strada principale che collega le città di Suratthani e quella di Chaiya, mentre l’International Dhamma Hermitage, si trova dalla parte opposta della strada, in un’area più esterna ed è necessario addentrarsi seguendo una strada interna.
Nella parte più esterna dell’area principale, direttamente a contatto con la strada c’è la libreria, con una vastità di libri sul buddismo in thailandese, inglese ma anche francese, tedesco e russo (mi dispiace, ma per ora ancora niente italiano), un piccolo negozio e un centro informazioni, dove è anche possibile chiedere del corso di meditazione di 10 giorni.
Nella parte più interna ci sono le aree dove i monaci si riuniscono in preghiera e per consumare il loro pasto quotidiano, delle aree di meditazione e due musei; uno dedicato al venerabile monaco Buddhadasa Bhikkhu, e uno con diverse opere d’arte inerenti il Dhamma, che possono essere utilizzate come spunti di meditazione. Le abitazioni dei monaci sono invece nella parte più interna della foresta.
Qui sopra potete vedere l’abitazione tipica dei monaci.
Ed ecco in dettaglio le immagini delle foto:
Il testo di questa illustrazione recita:
L’applauso di una mia sola mano ha il suono di un tuono.
Il suono della mia mano echeggia universalmente:
Il suono della vacuità copre quello del caos del mondo;
La voce del silenzio copre tutto il suono dell’intero universo.
Per quanto forte sia il suono del mondo, io non lo riesco a sentire;
È il suono diverso dal suono mondano;
Una mano può applaudire. Ascoltate!
Non si aggrappa a niente, non importa nulla,
Le tue mani, hai bisogno di entrambe per battere le mani.
Il suono della tua mano si sente a una distanza di pochi chilometri (sfocato nella foto, non sono sicura sia corretto)
ed è più utile in termini di pace.
Le mie orecchie possono sentire solo la prima (voce)
perché la mia mente risponde solo al silenzio.
È rumoroso oltre ogni descrizione.
Com’è sublime! che la mente non cerca nulla,
senza sfidare mai tutte le miserie.
Ecco il testo originale:
My single hand claps a sound of thunder.
My hand’s sound echoes universally:
Sound of Voidness covers that of world’s chaos;
Voice of silence covers all the sound of the whole universe.
However loud the world’s sound, I cannot hear;
It is the sound different from the worldly sound;
One hand can clap. Hearken!
Clings to nothings cares for nothing,
Your hands, you need both to clap.
Your hand’s sound is heard within a distance of few Km (?)
and is more beneficial in the way of peace.
My ears can hear only the former (voice)
because my mind responds only the Silence.
It is loud beyond all description.
How sublime! that the mind seeks nothing,
ever challenging all the miseries.
Esiste un’area dedicata solo alle donne, chiamata Dhamma-Mata, per permettere anche alle donne di avvicinarsi allo studio del Dhamma e di poter mettere in pratica gli insegnamenti del Buddha.
Qui ci sono sia donne che hanno preso i voti monastici, sia donne che vogliono semplicemente allontanarsi temporaneamente dalla frenesia della vita e concentrarsi su se stesse – a volte può capitare che dopo una cocente delusione amorosa o per dei lutti si senta la necessità di avvicinarsi alla meditazione, e “cercare di rimettere insieme i pezzi”.
Nella cultura thai non è poi così strano dedicarsi temporaneamente al proprio percorso spirituale, prima di tornare alla quotidianità della vita di tutti i giorni.
IL RITIRO SPIRITUALE DI 10 GIORNI
Ogni primo del mese, fino all’11 dello stesso mese, è possibile partecipare ad un ritiro spirituale a cui sono ammessi sia thailandesi, sia stranieri, siano essi uomini o donne che vogliono compiere un percorso di meditazione.
Non è possibile prenotarsi in anticipo, né richiedere di poter anticipare/posticipare il ritiro o allungare il periodo/diminuire il numero di giorni del ritiro. Se si vuole partecipare, bisogna che chi è interessato dimostri di prendere quest’attività seriamente, mentre per chi è solo di passaggio si consiglia di visitare il monastero – così da non andare a influire sull’attività di meditazione di chi invece sta cercando di seguire il ritiro.
Tra le indicazioni per chi vuole partecipare è consigliato di “liberarsi di ogni preoccupazione: niente telefonate di lavoro, email, telefonate per confermare viaggi, necessità di rinnovare il visto ecc”. E ovviamente niente telefonini o tablet o computer portatili (che possono essere depositati in delle casseforti nell’edificio principale dove si svolge il ritiro).
Le regole del monastero inoltre prevedono anche abiti adatti: niente canotte o abiti troppo larghi, e niente pantaloncini. Siamo comunque in un luogo sacro, e il corpo non deve essere messo in mostra, ma deve essere coperto dalle spalle fino a sotto le ginocchia, compresa la parte superiore delle braccia.
Non è però necessario vestirsi di bianco, come fanno solitamente le monache o le donne thailandesi in ritiro; e soprattutto è bene non indossare vestiti leggeri, che lasciano intravedere sotto, come parei o prendisole.
Sebbene da quanto sappia non è necessario presentare alcun certificato medico, si richiede ai partecipanti di essere in buona condizione sia mentale, sia fisica; questo non è un ritiro per aiutare chi ha disturbi mentali o tossicodipendenze, per quelli è necessario rivolgersi ad altre strutture.
Ogni partecipante avrà una piccola stanza dove alloggiare, dotata di un semplice letto con una semplice stuoia di paglia (niente materassi morbidi e confortevoli dunque), una coperta, una zanzariera e un cuscino intrecciato di bambù.
Alcuni potrebbero obiettare che si tratta di un cambiamento troppo drastico, ma nessuno ha mai detto che la vita dei monaci fosse facile. E, anzi, la vita di chi partecipa a questo ritiro non segue propriamente tutte le regole che si prevede seguano i monaci.
Ad esempio, i partecipanti potranno consumare due pasti vegetariani al giorno, più una bevanda la sera, mentre i monaci solitamente mangiano un solo pasto al giorno.
Certamente non è un percorso adatto a tutti, né un’attività “facile”. Ma se ci pensate bene, Buddha stesso abbandonò il palazzo reale per seguire una ricerca di un bene superiore, e uno dei primi insegnamenti che vuole dare il ritiro riguarda proprio l’attaccamento materiale.
E molte testimonianze di stranieri che hanno voluto raccontare su YouTube la loro esperienza, parla del loro apprezzamento delle piccole cose futili, una volta tornati alle loro vite.
Chiunque voglia approfondire l’argomento, può farlo consultando il sito ufficiale (in inglese) www.suanmokkh-idh.org.
APPROFONDIMENTI INDIVIDUALI
Per chi di voi ha dimestichezza con l’inglese, consiglio di visitare il sito www.suanmokkh.org dove sono presenti sia dei video, sia i sermoni, con trascrizione in inglese da seguire durante l’ascolto, del venerabile monaco Buddhadasa Bhikkhu, sia alcune poesie in inglese sul Dhamma, sulla natura e sulla vita umana, ed infine un’intera sezione riservata ai libri disponibili in diverse lingue (niente italiano, purtroppo, ma ci sono volumi disponibili in inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese, cinese, russo e ovviamente thailandese). Per ogni libro c’è una descrizione riportante i concetti affrontati nel volume, e il link al sito dove è possibile acquistarli in edizione cartacea o digitale.
Alcuni invece, come “The prison of life”, “No Religion”, “Concerning Birth”, “Getting Started in Mindfulness With Breathing”, sono disponibili gratuitamente in versione PDF e a volte presentano anche una traccia audio in inglese scaricabile anch’essa per chi preferisse una versione “audiolibro”.
APPROFONDIMENTI DI GRUPPO?
A casa ho diversi libri sul buddismo presi proprio al Wat Suan Mokkh; ammetto che non li ho letti tutti completamente, ma spesso si tratta di libri da leggere “a tratti”, a seconda dell’argomento su cui si vuole meditare, e a seconda della situazione che si sta vivendo.
Se questo post vi è piaciuto, e siete interessati all’argomento, magari potremmo riprenderlo con qualche post o video in cui vi spiego meglio alcuni termini buddisti – grazie anche ad alcuni dizionari specifici molto esemplificativi – cosa ne pensate?
Ovviamente non voglio “convertire” nessuno, anzi, io sono fermamente convinta di ciò che il monaco Buddhadasa Bhikkhu sosteneva a riguardo dell’arricchimento che si può ottenere dal confronto pacifico delle varie culture e religioni – e ve lo dice una che ha la mamma thailandese buddista, papà italiano cristiano, ha sempre frequentato la Chiesa e ha anche un passato da catechista.
Si tratterebbe quindi di post in cui analizziamo il contenuto di alcuni di quei libri, e in cui vi riporterei i concetti fondamentali affrontati, sia per venire incontro a tutti coloro che non hanno grande dimestichezza con l’inglese o con la cultura buddista, sia per creare degli spunti di riflessione e dibattito pacifico.
Se invece vi va, lasciate un commento potete rispondermi direttamente sotto al post o sulla pagina Facebook di MyFedesign.
Lascia un commento