Mentre cercavo l’ispirazione per il post di oggi tra i miei album fotografici digitali, mi sono imbattuta in diverse foto di statue di Buddha che ho avuto modo di fotografare durante le gite che ho fatto in Thailandia.
Guardandole mi sono resa conto che ci sono principalmente due tipologie di sfondi per queste statue: o i colori sgargianti del tempio, oppure la natura con il verde degli alberi e le sue rocce scure.
I templi buddisti non sono solo edifici costruiti dalla mano dell’uomo, ma anche grotte immerse nella natura adattate per diventare luogo di meditazione.
C’è quindi un evidente contrasto tra queste due tipologie di templi, e permettono di vedere le due facce della stessa medaglia: ritengo infatti che sia molto utile visitare entrambe le tipologie, e vorrei esporvi alcune mie riflessioni qui di seguito.
I templi “artificiali”
I templi “artificiali” sono molto colorati e puliti: il bianco la fa da padrone, in netto contrasto con il rosso, l’oro e in piccola parte il verde delle decorazioni.
All’interno le pareti sono riccamente colorate, riportando disegni ispirati dalla vita del Buddha e dagli insegnamenti buddisti, oppure ricoperti da decorazioni sinuose tipiche dell’arte asiatica.
La freddezza dei pavimenti di marmo o granito, sentita direttamente sulla pianta dei piedi (ricordo che tutti i visitatori del tempio hanno l’obbligo di togliersi le scarpe prima di entrare in segno di rispetto), il silenzio interrotto a volte solo dal mormorio di qualche fedele che sussurra una preghiera e la sfarzosità di tutto questo oro possono dare impressioni contrastanti in un visitatore.
Vorrei però qui sottolineare che l’uso ridondante di questo colore non è per dimostrare ricchezza, bensì per dimostrare rispetto verso le immagini di Buddha, l’illuminato, lo stadio più alto a cui l’uomo possa aspirare: e non c’è materiale più prezioso dell’oro agli occhi dei thailandesi, che possa abbinarsi alla concezione pura della natura di Buddha.
Sedersi un attimo di fronte a tutte queste statue dall’espressione serena è un’esperienza unica e cercare di imitare la loro posizione e fermarsi a riflettere in mezzo a loro è un modo per ritagliarsi un momento di meditazione nella freneticità del presente.
È per questo motivo che i thailandesi tengono particolarmente che i turisti rispettino le statue, evitando di farsi foto “stupide” con esse o mancando loro di rispetto. I templi sono pensati per essere luogo di meditazione e riflessione, non di divertimento.
È per questo motivo che spesso i muri interni sono decorati con immagini rappresentanti le fasi più importanti della vita di Buddha o con eventi e personaggi riportati dai Sutra buddisti, spesso accompagnati da una frase dipinta sotto di essi che vuole essere uno spunto per cominciare a riflettere sul senso della vita.
Al tempio di Suan Mookh, a Suratthani, ogni spazio dell’edificio è usato per diventare uno spunto di riflessione, anche la parte sottostante delle scale.
I templi naturali
I templi naturali, come vi ho già accennato prima, sorgono spesso all’interno di grotte o caverne riadattate dall’uomo per diventare luogo di meditazione.
Esse sono spesso più scure e buie, e nonostante la luce artificiale portata all’interno, si cerca sempre di non alterare eccessivamente la natura del luogo stesso.
Il perché della scelta di questi ambienti dipende da vari fattori, tra cui le credenze popolari hanno un forte impatto: esistono grotte in cui alcuni abitanti della zona hanno riconosciuto nelle rocce levigate dall’acqua presente sui soffitti delle grotte la forma di Buddha, o perché magari un monaco ha raggiunto l’illuminazione lì vicino.
Ancora, alcune grotte hanno al loro interno delle zone in cui crescono alberi a cui si crede siano legati degli spiriti. Insomma, per farsi un’idea sarebbe più facile esaminare i casi uno per uno.
Le grotte in cui sorgono i templi hanno altezze differenti, in alcuni punto possono essere molto alte, mentre in altre basse tanto da dover fare attenzione a non sbattere la testa.
Il silenzio la fa da padrone, ma anche qui è a volte interrotto dal cinguettio di un uccellino all’entrata della grotta, o dal rumore dell’acqua che scorre nella parte più bassa del tempio, o ancora dal gocciolare dell’acqua dal soffitto.
La meditazione qui è indotta dall’ascolto di questi suoni naturali e dall’osservazione dell’ambiente circostante: l’uomo osserva, si compiace del miracolo che i fenomeni naturali sono in grado di creare, e allo stesso tempo si inserisce in questo capolavoro, diventando parte della natura, puntando allo stadio più alto che l’uomo può raggiungere, ovvero l’illuminazione, arrivando ad annullare sé stesso, la propria volontà, per diventare parte di quel tutto che chiamiamo “natura”.
In alcuni templi sembra esserci un vero e proprio percorso meditativo, con tanto di panchine per permettere ai visitatori di fermarsi per un po’ di tempo prima di continuare la visita.
Di seguito vi lascio alcune foto di una grotta-tempio nella provincia di Phang Nga, dove, dopo esser entrati in una grotta scura, si raggiunge una scalinata che porta in una specie di radura luminosa piena di alberi.
A volte, se c’è abbastanza spazio e se ci sono volontari disposti a dipingere, si possono trovare delle pareti decorate con versi dei Sutra o che raccontano episodi della storia buddista, a volte legati al motivo per cui il luogo è stato scelto per diventare tempio.
Conclusioni
Due diverse tipologie di tempio ma che si propongono di creare ambienti silenziosi dedicati alla ricerca spirituale e alla riflessione. Perché, se è vero che la meta di tutti coloro che praticano la meditazione è la stessa, le strade per arrivare a quel traguardo sono molteplici, ma non per questo sono diverse tra loro.
Spero che questo piccolo accenno di buddismo e visione di templi vi sia piaciuto: per ora vi saluto, e ci vediamo al prossimo post!
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