Spesso, quando si pensa al buddismo, uno dei concetti che viene in mente è la reincarnazione. Questo concetto affascina molto gli Occidentali, forse per il contrasto con la teoria cristiana per cui, dopo la morte, ci siano il Paradiso o l’Inferno, a cui ci si riferisce spesso prendendo a piene mani dall’immaginario dantesco presentato nella Divina Commedia.
Ma cosa dice effettivamente il buddismo sulla reincarnazione?
Il concetto di reincarnazione in Occidente
La reincarnazione prevede che l’anima (immortale), dopo la morte terrena, possa rinascere a vita nuova in un nuovo corpo fisico.
Al contrario di quanto si potrebbe immaginare, questo concetto è diffuso sin dall’Antica Grecia, come possono confermare le teorie di molti filosofi tra cui Pitagora, Empedocle e Platone.
Anche nella Bibbia a dire il vero, possiamo riconoscere varie tracce dell’idea di reincarnazione, ad esempio nel vangelo di Matteo in cui Gesù chiede ai suoi discepoli
“La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?” Risposero “Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti” (Matteo 16, 13-14 – C.E.I.)
Questa frase dimostra la possibilità che Gesù possa essere la reincarnazione di uno dei Profeti dell’Antico Testamento, se non lo stesso Giovanni il Battista.
Il concetto di reincarnazione in Oriente
In Asia l’idea che l’anima possa rinascere è una teoria molto diffusa, alla base di diverse credenze.
Il concetto di reincarnazione è strettamente legato all’idea del principio di causa-effetto del Karma e all’idea dei “Bun”, ovvero le buone azioni: se in questa vita riesci a fare abbastanza Tambun (per approfondire l’argomento, vi consiglio di recuperare questa puntata del podcast), allora nella prossima vita si avrà più possibilità di nascere in una famiglia agiata.
Se poi questi Bun vengono realizzati insieme ad altre persone, si avrà una maggiore possibilità di poter incontrare nuovamente quella persona in un’altra vita.
Neanche gli dèi possono sottrarsi a questo ciclo: se si va ad esplorare la religione induista e i racconti mitologici cinesi, potremmo imbatterci in numerosi personaggi che possono reincarnarsi in dèi, se si sono comportati particolarmente bene, oppure al contrario, dèi che vengono puniti e mandati a nascere sulla terra per espiare le proprie colpe.
Reincarnazione e buddismo
Il buddismo però non si basa sul concetto di reincarnazione.
Buddha non insegna nulla sulla reincarnazione, ma possiamo dire che si limiti a riconoscerne la veridicità.
Secondo la tradizione, lo stesso Buddha avrebbe ricordato le sue vite precedenti durante la sua meditazione, affermando così come questo sia un concetto reale.
Nascita, vita, morte. Rinascita, vita, morte.
Questo ciclo infinito, di cui l’uomo spesso non è cosciente, perché dimentica l’ultima vita terrena prima di rinascere, in realtà viene riconosciuto da Buddha tra le cause della sofferenza. Si tratta di un ciclo che genera una sofferenza infinita, perché non permette di portare con sé le proprie esperienze nella prossima vita, portando a fare potenzialmente sempre gli stessi errori, in ogni vita passata e futura.
Cosa insegna Buddha?
Ricordiamolo ancora una volta: Buddha usa la meditazione per osservare la realtà e la natura, e alla domanda “Che cosa insegna Buddha?” potremmo usare proprio le parole che sono state riportate secondo la tradizione:
Know this, o bhikkhus: now as formerly I teach only of Dukkha and the elimination of Dukkha.
What did the Buddha teach? by Buddhadasa Bhikkhu
“Sappiate questo, o monaci: adesso insegno solo del Dukkha e dell’eliminazione del Dukkha”.
What did the Buddha teach? by Buddhadasa Bhikkhu
Il termine Dukkha si contrappone al termine Dhamma, e indica tutto ciò che porta sofferenza, insoddisfazione e dolore.
Ciò su cui si basano gli insegnamenti del Buddha è l’osservazione della sofferenza presente nel mondo, ed in particolare nella propria realtà, e la ricerca delle cause della sofferenza, per riuscire a debellarla dalla propria vita.
Buddha non si chiede cosa ci sia dopo la morte, o come funzioni il sistema delle rinascite: ciò che gli interessa davvero, non è trovare la risposta a queste domande, bensì riuscire a capire come fare per sfuggire dalla sofferenza.
Il Nirvana (o Nibbana)
Il termine Nirvana significa letteralmente “estinzione del desiderio”, dove “desiderio” viene interpretato come causa della sofferenza.
Riuscire a raggiungere il Nirvana è lo scopo finale della ricerca della meditazione buddista, ma se andiamo a controllare un dizionario buddista andremo a scoprire che in realtà esistono diverse forme di Nirvana.
Ad esempio, c’è il Saupadisesa-Nibbana, ovvero l’esperienza del Nirvana mentre si è in vita, e l’Anupadisesa-Nibbana, ovvero l’esperienza del Nirvana dopo la morte.
Ma cosa c’entra il Nirvana con il concetto di rinascita? Se volessimo semplificare, potremmo dire che chi raggiunge il Nirvana riesce a interrompere il ciclo delle reincarnazioni e, quindi, la sua anima trova finalmente la pace e si allontana da ogni forma di sofferenza.
Ma se vogliamo approfondire meglio cos’è davvero il Nirvana, vorrei prendere come spunto queste parole, riportate nel libro “What did the Buddha teach” (cosa ha insegnato Buddha?) del monaco Buddhadasa Bhikkhu.
What is Nirvana? […] Say it is the element that does not perish, any other element other than this being perishable. It does not perish because it is free of craving, aversion, and delusion. When there is freedom from delusion, there is no self-idea, there is no grasping or clinging to selfhood. Thus no perishing. Because it is what puts an end to perishing, it ha been called the immortal element.
What did the Buddha teach? by Buddhadasa Bhikkhu
“Cos’è il Nirvana? […] Diciamo che è l’elemento che non perisce, essendo deperibile qualsiasi altro elemento diverso da questo. Non muore perché è libero da brama, avversione e illusione. Quando c’è libertà dall’illusione, non c’è idea di sé, non c’è attaccamento o attaccamento all’individualità. Quindi non perisce. Poiché è ciò che pone fine alla morte, è stato chiamato l’elemento immortale.”
What did the Buddha teach? by Buddhadasa Bhikkhu
La frase che mi colpisce di più è il fatto che il Nirvana viene descritto come elemento immortale che però non è legato all’idea di sé: sarebbe come dire che l’anima non ha coscienza di essere, per cui esiste, senza però avere un senso di individualità.
È sicuramente un concetto molto difficile da capire, ma forse approcciandoci a questa frase dopo aver affrontato il concetto di attaccamento all’idea di “io” e “mio”, possiamo cominciare a farci un’idea di ciò che nasconde veramente l’insegnamento di Buddha.
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