MyFedesign Chiacchiere e Tea – un Podcast sulla Thailandia
Nella puntata del podcast sulla Thailandia di oggi vedremo insieme il termine “Len”, ovvero giocare, che però può essere usato insieme ad altre parole per inserire un senso di giocosità, relax e spensieratezza. Len è visto non solo come momento di gioco, ma anche come occasione per pensare a come organizzare il proprio tempo libero per non lasciarsi prendere dalla noia. Un termine che non si riferisce solo ai bambini, ma anche, e soprattutto, agli adulti.
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Buon ascolto (o buona lettura)!
Benvenuti sul podcast sullla Thailandia di MyFedesign. Io sono Fede, e sono qui per farvi un po’ di compagnia mentre sorseggio una buona tazza di tè caldo.
Se volete potete fare una pausa con me, oppure tenermi in sottofondo mentre fate qualche attività noiosa, come allenarvi, lavare i piatti o pulire la casa.
In questa serie vi parlerò di alcune frasi e parole thailandesi particolari, perché non hanno una traduzione immediata, oppure perché non hanno un corrispettivo italiano, o ancora perché nascondono una curiosità riguardante la cultura thailandese.
Se vi interessano questi argomenti, sappiate che potete trovare altri post interessanti sul blog myfedesign.com, mentre se volete approfondire la lingua thailandese vi consiglio di passare sul nostro canale YouTube.
Ma ora, passiamo subito all’argomento di oggi.
La frase di oggi e il tè del giorno: il tè bianco
La parola di oggi è “Len”, che può essere tradotta come “giocare”; ma questo termine può essere anche usato insieme ad altre parole per creare dei significati differenti, che andremo a vedere tra poco. Ad accompagnare le nostre chiacchiere di oggi, voglio parlarvi di una varietà di tè molto delicata, il tè bianco.
Si tratta di un tè di origine cinese, ma che ora viene coltivato anche a Taiwan, in Nepal e nel nord della Thailandia.
Questa varietà di tè prende il nome di tè bianco per via di una peluria color bianco argento che ricopre le gemme di tè ancora chiuse.
Il tè in sé ha un colore molto più chiaro rispetto ai tè neri, con una colorazione più simile a quella dei tè verdi.
Il tè bianco è chiamato anche come “il tè dell’imperatore” poiché viene considerato tra i più pregiati tra le varie tipologie di tè.
Ciò che lo rende tanto speciale è la tecnica di produzione, che prevede la raccolta a mano e un processo delicato che prevede solo l’essiccazione delle foglie di tè per prevenirne l’ossidazione e mantenerne così la purezza.
Si tratta di un altro tè che sarebbe meglio consumare al naturale, senza aggiungere né zucchero né miele o latte, come si farebbe con un tè verde.
Ammetto che inizialmente non sapevo di questa cosa, e infatti l’ho bevuto diverse volte aggiungendoci un po’ di zucchero, ma quando l’ho provato “al naturale”, il tè bianco mi ha piacevolmente stupito per il suo gusto leggero ed in effetti è perfetto già così, senza doverci aggiungere niente.
Len (เล่น), ovvero giocare
La parola Len (เล่น) è un termine molto semplice, che significa “giocare”. Lo si può sentire usare in diversi contesti: Dek Len “เด็กเล่น” può significare “bambini che giocano”, Sanam Dek Len “สนามเด็กเล่น” è il parcogiochi per bambini, Len Game “เล่นเกม” significa giocare ad un gioco, e può valere sia per i videogiochi, sia per giochi da tavolo o altri tipi di giochi come nascondino o mosca cieca.
Ma ciò che è veramente interessante di questo termine è vederlo insieme ad altre parole per dare un significato più giocoso e spensierato.
Il primo termine con cui lo possiamo vedere accoppiato è “Pood” (พูด), cioè “parlare”. Pood Len letteralmente “parlare giocando” è da tradurre come “scherzare”, inteso come una frase detta per gioco, per scherzo.
Ma ci sono anche altri significati che si allontanano da questa accezione giocosa e scherzosa.
Duen Len (เดินเล่น) ovvero fare quattro passi
Ad esempio, Deun (เดิน) significa camminare, ma se aggiungiamo il termine Len otteniamo “Duen Len” (เดินเล่น) che può essere tradotto come “fare quattro passi”, inteso come andare a fare una passeggiata da qualche parte senza una meta specifica, o anche solo andare a fare un giro, ad esempio andare a fare un giro all’interno di un centro commerciale o in un parco.
Se volessimo tradurlo incorrettamente in maniera molto letterale Deun Len dovrebbe significare “giocare a camminare”, o “camminare giocando”, il che non si discosta eccessivamente dal reale significato di fare quattro passi.
Se esco con un’amica per fare un giro, non è molto importante sapere dove stiamo andando, quanto piuttosto il poter fare qualche chiacchiera e passare del tempo insieme.
No-on Len (นอนเล่น) e Nang Len (นั่งเล่น), sinonimi di riposarsi
Se invece prendiamo il termine No-on (นอน), ovvero dormire, e lo accompagniamo con il nostro Len, otteniamo “No-on Len” (นอนเล่น) che può essere tradotto come fare un pisolino, ma anche come starsene sdraiati a non far nulla, o, per essere un po’ più moderni, starsene sdraiati sul divano, o sul letto, con il cellulare in mano, a guardare foto e post sui social o a giocare a qualcosa.
Un significato simile a quest’ultimo ce l’ha anche il termine “Nang Len” (นั่งเล่น), dove Nang (นั่ง) significa sedersi. In particolare, Hong Nang Len (ห้องนั่งเล่น), dove Hong (ห้อง) significa stanza, è il termine usato per descrivere il salotto thailandese, considerato come stanza in cui ci si siede per riposarsi o rilassarsi sul divano o su una poltrona.
Len in questa accezione non aggiunge solo un fattore “giocosità”, ma anche un senso di relax e spensieratezza: tutti questi tre termini, Deun Len, No-on Len e Nang Len sono azioni da far e in maniera rilassata, quando si ha del tempo libero e si non si sa bene come impiegare il tempo a propria disposizione.
Kong Kin Len (ของกินเล่น), ovvero gli snack (o le cose da mangiare “per gioco”)
Un altro termine che può essere seguito da “Len” è Kin (กิน) ovvero mangiare. Solitamente in realtà si parla più di “Kong Kin Len” (ของกินเล่น), che viene usato per indicare gli snack o comunque tutte quelle cose da mangiucchiare mentre si sta guardando la TV, come patatine e popcorn.
Tra l’altro, a proposito di snack potrebbe essere molto interessante per un italiano scoprire quali sono i “Kong Kin Len” tradizionali thailandesi: niente patatine o popcorn, bensì calamari essiccati, noccioline varie, snack a base di gamberetti o pesce, come ad esempio le nuvole di drago, e dolcetti a base di riso.
Non si tratta di un pasto completo, ma appunto di snack da spizzicare davanti ad un film, o mentre si chiacchiera con gli amici. Insomma, un qualcosa da mangiare quando non si ha fame, ma si ha voglia di mettere qualcosa sotto i denti.
Len come occasione per fare qualcosa
Len aggiunge effettivamente un senso di “non so bene cosa fare”, ma non con un’accezione negativa. Immaginate di avere un sacco di tempo libero e nessuna pressione lavorativa o obbligo. Da un certo punto di vista, mi ricorda i tempi pre-internet, durante le vacanze estive, quando si aveva tutta la giornata davanti e nessun programma da rispettare.
Le azioni descritte dai quattro termini precedenti, Deun Len, No-on Len, Nang Len e Kin Len, indicano qualcosa da fare per “combattere la noia” o “ammazzare il tempo”.
Non so cosa fare e non ho voglia di uscire? Mi prendo un sacchetto di patatine e mi metto un bel film da guardare sul divano. Kin Len.
Sono a casa, mi annoio e non so cosa fare? Esco a fare quattro passi. Deun Len.
Ho mal di testa, e mi sento stanca? Posso sdraiarmi un attimo sul divano e magari appisolarmi un po’. No-on Len.
Len: il gioco e la noia
Queste tre espressioni mi riportano a pensare ad un’affermazione molto importante supportata da molti psicologi, ovvero che una tra le cose più importanti da insegnare ai bambini è la noia.
Un bambino annoiato infatti ha una maggiore possibilità di sviluppare la fantasia, arrivando a trovare qualcosa per superare la noia stessa ed attivarsi in prima persona per uscire da quella situazione noiosa.
La noia è ideale per permettere ad un bambino di esprimere la propria personalità e sviluppare i propri pensieri, ragionare, sperimentare e capire cosa gli piace e cosa no senza esser spinto a fare una determinata attività solo perché un adulto gli ha detto di farlo.
Forse mi sbaglio, ma mi piace pensare che alcune espressioni accompagnate da Len, giocare, si portino dietro l’idea di combattere la noia, nell’accezione positiva del termine.
Essere annoiati può portarci a farci uscire di casa, visitare un posto nuovo, o anche solo a fare un giro per la nostra città, magari prestando un po’ più di attenzione ai negozi presenti ai lati della strada, e magari approfittandone per entrare in un bar in cui non siamo mai stati prima.
La noia può anche spingerci a chiamare un’amica che non sentiamo da tempo per un caffè, un gelato o una bella merenda insieme.
Oppure, se non abbiamo voglia di uscire di casa, la noia può darci l’occasione di guardare una serie tv che tutti ci hanno consigliato ma che abbiamo rimandato da tempo, oppure per cominciare a leggere quel libro che abbiamo comprato mesi fa e che sta aspettando lì sullo scaffale della libreria.
Usare Len, il gioco, per combattere la noia
La noia viene spesso descritta come una cosa negativa, ma in realtà è ideale per improvvisare qualcosa in base a ciò che sentiamo.
Deun Len non è pensato dai thailandesi come una perdita di tempo, bensì come una passeggiata per rilassare la mente.
“Pai Deun Len Mai?” (ไปเดินเล่นมั๊ย?) è un invito che può essere tradotto come “andiamo a fare una passeggiata?” “andiamo a fare quattro passi?” ma può anche essere una richiesta per “ho voglia di cambiare aria, usciamo a farci un giro?”
Anche Nang Len e No-on Len li ho sentiti usare in maniera positiva: in particolare, No-on Len mi è stato detto spesso quando magari andavamo a casa di qualcuno un po’ distante rispetto a casa nostra oppure quando andavamo in vacanza da qualche parte e mi invitavano a farmi un pisolino per riposarmi dalle diverse ore di guida.
No-on Len è visto come un’occasione per far riposare il corpo, prendersi così cura di sé per poi sentirsi maggiormente in forma.
Insomma: solo perché non sono produttiva in quel momento, non sto perdendo tempo. In fondo, non c’è solo il lavoro nella nostra vita, la cosa più importante dovrebbe essere prendersi cura di se stessi, nel corpo, nella mente e nello spirito, no?
E cosa c’è di meglio per rilassarsi e divertirsi del gioco?
Il gioco è una cosa da bambini… o forse no?
Nella mentalità occidentale il verbo “giocare” è spesso riservato solo ai bambini, tant’è che se uno “gioca ai videogiochi” spesso viene visto di cattivo occhio perché “perde tempo dietro ai videogiochi”.
Eppure il giocare è un diritto non solo per i bambini e i cuccioli, ma anche per gli adulti. Se è vero che anche i cuccioli di gatto e cane amano giocare, è anche vero che questi animali domestici amano giocare anche da grandi, anche se magari utilizzano meno tempo da dedicare al gioco rispetto a quando erano cuccioli.
E, se un adulto si permettesse di giocare, potrebbe riscoprire un po’ di felicità nascosta, perché in fondo, come dice Antoine de Saint-Exupéry nel famosissimo Il Piccolo Principe, “Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano)”.
Non saprei dire da dove nasce l’etimologia delle diverse espressioni viste di oggi, però mi piace pensare che i thailandesi non hanno dimenticato che anche gli adulti hanno diritto al gioco, e che quindi Len non sia un verbo solo riferito ai bambini, ma anche ai più grandi.
Il gioco e i bambini: la favola del gigante egoista
Una favola che può essere facilmente collegata alle tematiche dei bambini e del gioco, è la fiaba del gigante egoista scritta da Oscar Wilde.
C’era una volta, in una città lontana lontana, una bella casa con un grande giardino. La casa apparteneva ad un gigante, che però mancava da molti anni. Il gigante era infatti andato a fare visita a suo fratello, ed era rimasto con lui per ben 7 anni.
Durante quel periodo, i bambini incuriositi avevano cominciato a scavalcare il giardino e, trovandolo abbandonato, l’avevano trasformato nel loro parco giochi.
Un giorno d’inverno il gigante tornò e quando vide tutti quei bambini e il suo povero giardino rovinato si arrabbiò molto: cacciò tutti i bambini, e costruì un alto muro intorno alla sua proprietà, mettendo un bel cartello che recitava:
“Vietato l’ingresso! I trasgressori saranno puniti!”
I bambini, spaventati, evitarono di recarsi nel giardino, e il gigante potè tornare a godere della tranquillità della propria casa.
All’arrivare della primavera però, il gigante cominciò ad accorgersi di una cosa strana: sugli alberi della città stavano cominciando a spuntare le prime foglioline, mentre nel suo giardino l’inverno sembrava persistere, con tanto di neve e vento gelido che teneva lontani animali e bambini.
E anche quando gli alberi della città erano completamente fioriti, nel giardino del gigante sembrava ancora inverno.
Il gigante non sapeva spiegarsi come mai le stagioni sembravano essersi fermate, ma il silenzio del suo giardino gli piaceva, e quindi non si preoccupò più di tanto.
Ma una mattina il gigante fu svegliato da un cinguettio allegro: gli sembrava passata un’eternità dall’ultima volta in cui aveva sentito un uccellino cantare, e il gigante saltò giù dal letto e corse verso la finestra.
Sull’albero davanti alla sua camera erano comparse delle foglie verdi, e stavano cominciando ad appollaiarsi diversi uccellini che stavano cominciando a cantare in coro.
Mentre il gigante ascoltava estasiato il coro di uccellini, vide con la coda dell’occhio un buco nel muro, e poco più in là dei bambini che si stavano arrampicando sugli alberi del suo giardino.
Il gigante allora capì: il suo giardino si era rifiutato di fiorire perché egli aveva impedito ai bambini di giocare al suo interno, e portare un po’ di vita nella sua proprietà!
Il gigante si rese conto di essersi comportato da egoista, e così corse incontro ai bambini che, spaventati, cominciarono a correre verso il muro.
“Aspettate! Non scappate!” urlò il gigante “Grazie a voi è tornata la primavera anche nel mio giardino! Tornate a giocare!”
I bambini, nel sentire quelle parole, si fermarono e si guardarono interrogativi: il gigante li raggiunse e propose loro di aiutarlo ad abbattere il muro, per permettere anche agli altri bambini di tornare a giocare nel giardino.
E fu così che nel giardino del gigante tornò la primavera, e con essa le risate e i giochi dei bambini, che non erano più spaventati dal gigante, ma anzi, adesso lo invitavano a giocare con loro.
Perché anche i grandi hanno bisogno di giocare, ogni tanto.
Conclusione
Ed eccoci arrivati alla fine di questo episodio del podcast.
Oggi abbiamo visto il termine “Len”, ovvero giocare, che però può essere usato insieme ad altre parole per inserire un senso di giocosità, relax e spensieratezza; ad esempio nelle parole Deun Len, No-on Len e Kin Len, azioni da fare in maniera rilassata, quando si ha del tempo libero e si non si sa bene come impiegare il tempo a propria disposizione.
Len visto non solo come momento di gioco, ma anche come occasione per pensare a come organizzare il proprio tempo libero per non lasciarsi prendere dalla noia. Un termine che non si riferisce solo ai bambini, ma anche, e soprattutto, agli adulti.
Se vi è piaciuta questa puntata e volete lasciarmi un vostro commento, potete trovare tutti gli episodi sia sul blog myfedesign.com sia nella playlist sul canale YouTube MyFedesign.
E mentre sorseggio il mio ultimo sorso di tè, vi auguro buona giornata e spero di rivedervi anche nella prossima puntata.
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