Si può migliorare nel disegno copiando? Ovviamente sì. Non solo copiando le opere di altri artisti, ma anche la realtà che ci circonda. In fondo, chiunque si avvicini al disegno sa quanto sono importanti le reference, ovvero le immagini di riferimento per essere sicuri di non sbagliare le proporzioni, o per imparare a inserire luci e ombre. Ma bisogna soffermarsi un attimo sul termine “copiare” e sul suo significato, prima di andare avanti con questo discorso.
Copiare = farsi ispirare
Quando parlo di “copiare” un disegno non significa rifarlo completamente uguale e poi metterci sopra la propria firma. Il “copiare” deve essere inteso come un’analisi del disegno; in effetti io me lo immagino proprio come l’azione dello smontare un disegno, capire quali elementi ci piacciono e perché ci piacciono, ovvero come sono stati realizzati, e se possiamo integrare quella tecnica nel nostro stile di disegno.
Insomma, copiare deve prevedere un momento di studio di quel disegno, che ci permetta di analizzare ogni singolo dettaglio e poi cercare di replicarlo. In un secondo momento sarà poi possibile aggiungerci qualcosa di nostro, creando così il nostro stile.
Insomma, soprattutto per chi è alle prime armi, è importante cominciare a disegnare copiando le opere degli artisti che piacciono. È importante padroneggiare le varie tecniche e soprattutto i concetti base, come le proporzioni, i volumi, le luci e le ombre, prima di cominciare a creare qualcosa di proprio.
La mia esperienza con il disegno
Quando ero piccola ero proprio negata per il disegno. E per questo motivo mia mamma cominciò a realizzare disegni con me, o meglio, lei disegnava e io guardavo seduta vicino a lei. Si trattava di personaggi dei cartoni animati che lei ridisegnava su un quaderno. E, qualche anno più tardi, alle medie, io avrei ripreso la matita in mano andando a creare un quaderno ad anelli in cui avevo ridisegnato tutti i Pokémon della prima generazione.
Insomma, i miei primi disegni nascevano perché copiavo i personaggi che trovavo sulle riviste e sui fumetti. E la mia libreria era piena di volumi che insegnavano a disegnare manga, e che ogni tanto utilizzavo per fare un po’ di esercizio, ovviamente copiando ciò che era presente nei vari libri.
Il processo creativo nasce dall’imitazione, ed in effetti moltissimi dei miei primi personaggi prendevano diverse caratteristiche dai vari disegni che avevo già ricreato: prendevo magari i capelli di un personaggio, e ne cambiavo il colore, poi sostituivo la forma degli occhi con quelli di un altro, che mi riuscivano meglio e che mi piacevano di più…
Insomma, si trattavano quasi di collage che univano le migliori caratteristiche che avevo individuato nei vari disegni che avevo ricopiato, andando a creare qualcosa di nuovo, che si andava ad adattare alle mie necessità dell’epoca.
Disegni e schizzi, ma quasi tutti in bianco e nero
Purtroppo non ho mai approfondito molto il disegno, e l’ho sempre trattato come un passatempo a cui dedicarmi di tanto in tanto. E sebbene abbia imparato la teoria, in pratica facevo sempre tanta fatica a realizzare qualcosa che mi piacesse. Non aiutava poi la mia totale incapacità di colorare “bene”. Non sono mai stata brava a colorare, lasciavo sempre un sacco di aloni con i pennarelli, mentre con le matite si vedevano sempre le varie linee lasciate dal passaggio della mina.
Crescendo, ho cominciato a lasciare i miei disegni solo come bozze in bianco e nero, proprio perché mi è capitato più di una volta di rovinare completamente un disegno con i colori.
Ma adesso, passati i 30 anni, ho deciso di tornare a disegnare in maniera seria. E quindi anche a imparare a colorare. Perché? Beh, semplicemente perché mi piace farlo.
Un altro pacco Mossery
Vi avevo già raccontato del mio acquisto e dell’esperienza con i colori Gouache (per recuperare il post sul primo pacco Mossery con lo starter kit di Sibylline lo trovate qui). La sfida di quest’anno del Drawtober la sto facendo proprio con la gouache, e mi sto trovando abbastanza bene con questi colori, che sono abbastanza coprenti da avere un buon risultato uniforme.
Ma circa un mesetto fa, sempre grazie a Mossery, ho scoperto una nuova artista, Poopikat, pseudonimo di Kate Pellerin, un’illustratrice canadese con uno stile di colorazione davvero particolare.
In questo nuovo kit, come in quello precedente, sono presenti due quaderni: uno bianco, e uno con gli esercizi per esercitarsi con la tecnica pittorica di Poopikat, con tanto di manuale di riferimento con spiegate le varie fasi di colorazione e che danno un’idea per quanto riguarda la scelta di colori per ogni illustrazione.
Da un certo punto di vista questo tipo di impaginazione può ricordare quei libri da colorare per bambini, dove nella pagina di sinistra c’è la scena colorata, mentre a destra la stessa scena è in bianco e nero, per permettere al bambino di ricolorarla basandosi sul disegno di sinistra.
A finire il kit ci sono una serie di acquerelli, un bel pennello, una scatola di 36 matite colorate, portamina con mine rosse, un brush pen blu e due uniposca. E non mancano anche altri disegni di Poopikat, che voglio presto incorniciare e tenere come ispirazione.
Analisi dello stile di Poopikat, un’illustratrice canadese
Ma cos’è che mi ha colpito dello stile di Poopikat? Innanzitutto, i suoi personaggi bambineschi, che mi ricordano molto lo stile “chibi” o “deformed”, ovvero uno stile sproporzionato in cui i personaggi hanno una testa molto grande e un corpo molto piccolo, occhioni molto grandi ed espressivi.
Poi le sue illustrazioni: non si tratta solo di un’immagine, ma in un suo disegno ci sono talmente tanti elementi che sembrano davvero tratti da un libro di fiabe. Osservando con attenzione ogni suo disegno, Poopikat sembra raccontarci una storia, attraverso una singola scena statica.
Ed infine, la sua tecnica di colorazione. C’è un qualcosa di magnetico in quei tratti in cui si intravede la texture della carta, eppure tutti i colori sembrano così “pieni”.
Si tratta di una tecnica mista che prevede una base ad acquerello su cui poi vengono aggiunti luci e ombre a matita. Una colorazione davvero ricca, non solo per la palette di colori scelti, ma anche per queste linee di colorazione che aggiungono maggior volume al disegno.
Insomma, per farla breve, mi sono innamorata di questa tecnica pittorica, allo stesso tempo apparentemente imprecisa eppure così unica e “stilosa”. E quando ho visto il kit, non ho potuto fare a meno di acquistarlo, per poter provare con mano a mischiare acquerelli e matite.
E, come dice la stessa Poopikat nel libricino di istruzioni, una volta che si sarà cominciato a mescolare diverse tecniche, non si potrà fare a meno di voler sperimentare ancora di più, permettendo davvero di sfogare la propria creatività con gli strumenti più banali che si ha a portata di mano.
Ma, ovviamente, prima di cominciare a seguire le proprie idee, è bene prendere mano con acquerelli e matite. E fare esercizio prendendo come esempi le illustrazioni di Poopikat e cercando di copiarle, per imparare al meglio questa nuova tecnica pittorica.
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