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Buddismo thailandese: come meditare con consapevolezza

Photo by AboutImages | Envato Elements
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Quando si pensa alla meditazione, spesso ci si immagina qualcuno vestito di bianco, seduto a gambe incrociate, con gli occhi chiusi, le mani posate sulle ginocchia con i palmi rivolti verso l’alto. Ma è davvero questa la posizione corretta per meditare?

Nel buddismo thailandese, quando si vuole praticare l’Anapanasati, ovvero la meditazione basata sull’osservazione del Dhamma tramite il respiro, c’è una regola da ricordare sempre: bisogna scegliere il miglior posto per meditare, accettando la consapevolezza che non ci troveremo mai nelle condizioni perfette per meditare.

Per comprendere meglio i concetti espressi qui, vi consiglio di recuperare o rileggere i post sul Dhamma, sull’Anapanasati e sul Kaya e Sankhara.

Premessa: i concetti di oggi valgono per il buddismo thailandese, e si basano principalmente sul libro Anapanasati. Mindfulness with breathing di Buddhadasa Bhikkhu (versione inglese), trovato nella libreria del tempio Wat Suan Mokkh (se vi siete persi il post a riguardo, lo potete recuperare qui).

Quando nel post parlo di buddismo, quindi, mi riferirò sempre e solo al buddismo diffuso qui in Thailandia, che si basa sui discorsi e gli insegnamenti del Buddha Siddharta.

Ovviamente, essendo un post riassuntivo, non mi dilungherò eccessivamente sull’argomento, cercando di darvi le conoscenze base per capire il significato di questo concetto, così da poter poi parlare di altri argomenti collegati più avanti, in altri post dedicati al buddismo.

I termini utilizzati saranno quelli in pali o eventualmente in sanscrito, secondo l’utilizzo internazionale, basandomi su come vengono riportati nei libri di cui sopra.

Photo by lelia_milaya | Twenty20
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Trovare il posto ideale

Trovare un posto tranquillo e pacifico, dove possiamo stare in silenzio per concentrare adeguatamente la nostra attenzione sul nostro respiro senza essere disturbati non è facile. Anzi, a volte sembra quasi impossibile, soprattutto in questo momento storico in cui il cellulare ci obbliga ad essere sempre reperibili, ovunque ci troviamo e qualunque cosa stiamo facendo.

Non è un caso che, quando uno voglia rilassarsi, spesso la prima idea è quella di spegnere il cellulare, per prendersi il giusto tempo per sé, e decida di fare un “social detox”, ovvero staccarsi completamente da tutte le app social come Facebook, Instagram, Twitter. Non è la tecnologia in sé ad essere negativa; personalmente, nonostante viva letteralmente dall’altra parte del mondo, ritengo la tecnologia molto positiva, perché mi permette di rimanere in contatto con le amiche d’infanzia che altrimenti avrei perso lungo la via.

Il vero problema, o meglio, il mio personale problema con la tecnologia è che troppo spesso la gente scrive o telefona e PRETENDE che la persona dall’altra parte risponda SUBITO. E questa necessità di essere sempre reperibile ci rende molto distratti, perché spesso ci obbliga ad interrompere quello che stavamo facendo per affrontare qualcosa di non urgente, e che potremmo tranquillamente fare più tardi, con più serenità.

Photo by Okrasiuk | Twenty20
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Pensandola in questa maniera, si tenderebbe a credere di non avere non solo il tempo, ma neanche un posto adatto per meditare.
Eppure il buddismo invita a vedere il bicchiere mezzo pieno: se non puoi avere il posto perfetto in assoluto, cerca il miglior posto possibile, secondo le tue possibilità.

È necessario obbligarsi a scegliere un posto e un momento, per evitare di rimandare continuamente in attesa di un “momento perfetto” che rischia di non arrivare mai.

Come si dice in questi casi, “meglio fatto che perfetto”. (Done is better than perfect).

Alcune persone sono in grado di meditare persino a Bangkok, seduti su uno dei mezzi pubblici, mentre si recano a lavoro. Sebbene il traffico cittadino non possa sembrare di primo acchitto il posto perfetto per meditare, è possibile avere qualche accortezza per renderlo il miglior posto per la meditazione, ad esempio

  • mettersi delle cuffie per attutire i rumori esterni
  • scegliere come oggetto della propria osservazione meditativa non il proprio respiro, ma il rumore del motore del mezzo su cui ci troviamo
  • recitare mentalmente un mantra concentrando i propri pensieri sulle singole parole

Insomma, l’importante è non accettare le scuse che il nostro inconscio potrebbe trovare per rimandare il momento della meditazione. Se anche riuscissimo a meditare anche solo 1 minuto, sarebbe un minuto in più rispetto al giorno prima.

Photo by lenina11only | Envato Elements
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Preparare il corpo

Per meditare si consiglia di verificare che il proprio corpo sia in salute e non abbia problemi digestivi o respiratori. Una pratica che alcuni monaci buddisti fanno prima di cominciare a meditare è di lavarsi le narici. Si tratta di una pratica antica, che è stata tramandata e che è arrivata fino ai giorni nostri, anche se non è molto diffusa.

È sufficiente raccogliere un po’ di acqua nei palmi delle mani congiunti, avvicinare le mani al naso, inspirare un po’ d’acqua (questo passaggio è da fare con calma: non esagerate!), allontanare le mani e poi espirare forte dal naso. Volendo, si può chiudere con un dito una narice per espirare prima da una parte, e poi dall’altra. Facendo questo “lavaggio” due o tre volte, il naso sarà pulito e riuscirete a respirare meglio.

Photo by leungchopan | Envato Elements
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Assumere la “giusta” postura

Una volta scelto il posto giusto e dopo essersi preparati mentalmente e fisicamente per meditare, è arrivato il momento di assumere la postura per cominciare il nostro esercizio di Anapanasati.

Per evitare di distrarsi durante la meditazione, si consiglia di assumere una posizione sicura e stabile, in modo da non rischiare di perdere l’equilibrio nel caso in cui si raggiunga uno stato di semi-incoscienza; per questo motivo è più facile trovare qualcuno meditare da seduto, piuttosto che da in piedi.

La forma ideale è quella di una piramide: la base deve essere solita, e bisogna “tendere verso l’alto”, anche per permettere alle spalle di rilassarsi, per via della forza di gravità. Infatti nel caso in cui foste particolarmente stressati, potreste arrivare ad un punto della vostra osservazione del vostro corpo in cui vi renderete conto di avere le spalle contratte; una posizione “a piramide” vi aiuterà a rilassare più facilmente le spalle, semplicemente lasciandole “cadere” verso il basso.

La posizione a gambe incrociate più famosa è quella chiamata Padmasana, ovvero postura del loto, e prevede posizionare il piede destro sulla coscia sinistra, e il piede sinistro sulla coscia destra.
Questa posizione può essere molto complicata per chi non è abituato a sedersi per terra con le gambe incrociate.

Photo by Prostock-studio | Envato Elements
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Incrociare le gambe una sull’altra vi garantisce una base più stabile rispetto ad avere le gambe allungate in avanti, ma non tutti sono in grado di sedersi in questa posizione per lungo tempo. Non abbiate fretta; cercate di allenare il vostro corpo ad assumere questa posizione poco alla volta.

Potete cominciare incrociando le gambe normalmente; dopo qualche sessione potete cominciare a spostare un piede sopra la coscia, mantenendo l’altro sotto, per poi arrivare a spostare anche il secondo piede quando avrete preso confidenza con la posizione precedente.

Photo by artfotodima | Envato Elements
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Per quanto riguarda le mani, la posizione più confortevole e facile da assumere è lasciarle appoggiate sulle ginocchia, con i palmi rivolti verso il basso o verso l’alto, a seconda delle preferenze.

Se però avete in mente di fare lunghe sessioni di meditazione, il contatto delle mani sulle ginocchia potrebbe farvi sudare, o comunque creare un calore che può distrarre dall’Anapanasati. Per questo motivo si possono congiungere le mani in grembo, poggiando una mano sopra l’altra, entrambe con i palmi rivolti verso l’alto, e congiungendo i pollici, per raggiungere una posizione stabile.

Alcune persone ritengono che spingere i pollici l’uno contro l’altro possa aiutare ad aumentare il livello di concentrazione, ponendo come oggetto di osservazione le sensazioni provate sui polpastrelli dei pollici.

Photo by microgen | Envato Elements
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Occhi chiusi, o occhi aperti?

La convinzione di dover chiudere gli occhi per poter meditare con consapevolezza nasce dal fatto che, tenendo gli occhi aperti, si può rischiare maggiormente di essere distratti.

In realtà, se si ha la giusta concentrazione, è possibile meditare anche ad occhi aperti. Per farlo, bisogna saper spostare la propria attenzione dal senso della vista e dalla realtà che ci sta intorno. Non è poi così dissimile da quando una persona sogna “ad occhi aperti”; se ci pensate, sarà capitato anche a voi di non rendervi conto di ciò che stava succedendo intorno a voi perché eravate concentrati su altro – personalmente, a me è capitato spesso sul pullman mentre andavo all’università, lasciandomi trasportare dalla musica nelle cuffie e non prestando eccessiva attenzione sul paesaggio visibile dal finestrino.

Meditare a occhi chiusi è sicuramente più semplice, ma per lunghe sessioni gli occhi possono affaticarsi perché tendono a seccarsi e a diventare più caldi.

Per chi volesse cominciare a meditare a occhi aperti, si consiglia di cercare di guardare la punta del proprio naso, in modo da “occupare” i propri occhi a fare qualcosa, invece di guardarsi intorno e rischiare di perdere completamente la concentrazione.

In questo caso, è possibile prendere come oggetto per l’osservazione proprio il naso: concentratevi sull’aria che entra ed esce dalle narici, seguite il respiro fino al fondo del naso. Provate a capire se sentite qualche odore, e che sensazioni prova il vostro naso – ad esempio, potreste sentire più freddo o più caldo, oppure potreste avvertire la sensazione di impercettibile movimento degli occhiali mentre espirate ed inspirate.

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Durata

Le vostre sessioni di meditazione non devono per forza durare ore e ore, potreste cominciare facendo una sessione di 5 minuti, ed eventualmente aumentare poco a poco, fino ad arrivare a 15-20 minuti.

Vi consiglio di utilizzare un timer, in modo da non dovervi preoccupare di controllare continuamente l’ora – cosa che potrebbe distrarvi più del dovuto dall’esercizio di Anapanasati.

In alternativa, se trovate difficile riuscire a concentrarvi da soli, vi consiglio questi due video di Aileen del canale YouTube Lavendaire, che vi accompagneranno in una meditazione guidata (i video sono in inglese, ma ci sono i sottotitoli che spero possano essere di aiuto per comprendere meglio le indicazioni).

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