Anapanasati. Una lunghissima parola che si rivela più facile da mettere in pratica che da pronunciare.
Chiudo gli occhi ed inspiro profondamente. Sento l’aria entrare nelle narici. Seguo quel respiro, e lo sento arrivare in fondo alla gola. Percepisco il contrarsi dei polmoni, che poi si rilassano, e sento l’aria tornare indietro, per poi essere rilasciata dalle narici.
Nell’Anapanasati non c’è nessun mantra da ripetere: la mente deve essere concentrata a sentire il proprio corpo, a capire i rapporti di causa ed effetto tra le cose, a percepire anche le sensazioni più leggere, come il solleticare dell’aria sulle pareti del naso quando inspiriamo o il movimento impercettibile del sangue che ci scalda i polpastrelli delle dita.
Oggi approfondiamo l’osservazione del respiro attraverso alcuni semplici esercizi consigliati dai monaci buddisti.
Premessa: i concetti di oggi valgono per il buddismo thailandese, e si basano principalmente su due libri: Dictionary of Buddhism, di Phra Brahmagunabhorn (P.A. Payutto) (versione bilingua thai + inglese) e Anapanasati. Mindfulness with breathing di Buddhadasa Bhikkhu (versione inglese), entrambi trovati nella libreria del tempio Wat Suan Mokkh.
I termini utilizzati saranno quelli in pali o eventualmente in sanscrito, secondo l’utilizzo internazionale, basandomi su come vengono riportati nei libri di cui sopra.
Quando nel post parlo di buddismo, quindi, mi riferirò sempre e solo al buddismo diffuso qui in Thailandia, che si basa sui discorsi e gli insegnamenti del Buddha Siddharta.
Ovviamente, essendo un post riassuntivo, non mi dilungherò eccessivamente sull’argomento, cercando di darvi le conoscenze base per capire il significato di questo concetto, così da poter poi parlare di altri argomenti collegati più avanti, in altri post dedicati al buddismo.
Prima di continuare la lettura, vi consiglio di rileggere il post sul Dhamma QUI, il post sull’Anapanasati QUI e il post su Kaya e Sankhara QUI.
Perché il respiro è importante nella meditazione
Per definizione da vocabolario, il respiro è l’alternanza dei movimenti mediante i quali avviene il rinnovamento dell’aria nei polmoni. Respirare è un’azione che compiamo automaticamente, senza pensarci, ed è per questo che è interessante da osservare. O meglio, da percepire.
Perché non c’è un solo tipo di respiro: il nostro umore e il nostro stato fisico possono influenzare il nostro respiro. Questo infatti cambia non solo se siamo arrabbiati, stressati, annoiati, felici, divertiti, ma anche in base al nostro stato fisico. Possiamo osservare questi cambiamenti facendo paragoni di com’è il nostro respiro in diversi momenti, ad esempio se siamo a riposo, se abbiamo fatto uno sforzo fisico, ad esempio una corsa, ma anche se fa molto caldo o molto freddo, se si è raffreddati o in salute.
Osservare come cambia il respiro in queste situazioni ci permette di capire anche come reagisce il nostro corpo a questi momenti o sentimenti particolari. E imparare a distinguere i diversi tipi di respiro ci permette di riconoscerli in una determinata situazione, permettendoci di agire coscientemente per cambiare la nostra percezione della realtà.
Respiro lungo e respiro corto
(the long breath and the short breath)
Possiamo distinguere principalmente 2 tipi di respiro: il respiro lungo e il respiro corto. Solitamente in queste due categorie il momento di inspirazione ed espirazione hanno all’incirca la stessa durata.
Si parla di respiro corto se le fasi di inspirazione ed espirazione sono molto brevi, per farvi un’idea circa 1-3 secondi per l’inspirazione e 1-3 secondi per l’espirazione.
Si parla di respiro lungo se le fasi di inspirazione ed espirazione sono molto lunghe, e possono cominciare da un minimo di 5 secondi per fase, fino a 10 secondi per ogni fase.
Cominciare a fare Anapanasati: il respiro lungo
Per cominciare a praticare l’Anapanasati, si consiglia di concentrarsi dapprima sul respiro lungo: guardiamo com’è il nostro corpo mentre facciamo lunghi respiri, se rilassiamo le spalle, tendiamo a tenere la schiena più dritta rispetto a quando ci sediamo normalmente, a come espandiamo il petto durante l’inspirazione e a come il petto si rilassi quando espiriamo.
Impariamo a conoscere il respiro lungo, a prendere confidenza con ciò che proviamo quando facciamo questo tipo di respiri, a indagare su come fare per mantenerlo per lunghi periodi ed infine impariamo a preservarlo.
Non dobbiamo dare nulla per scontato, e prendere questa pratica con molta serietà. Non si tratta solo di dire “okay, questo è un respiro lungo, ho fatto”. C’è molto più da scavare e da conoscere, sotto questa semplice affermazione.
Osservare il corpo durante il respiro
Nel libro “Anapanasati. Mindfulness with breathing di Buddhadasa Bhikkhu“, che vi cito spesso in questi post, ci sono diverse domande che si invita a porsi durante la meditazione:
- quando facciamo lunghi respiri profondi, questi che influenza hanno sul nostro corpo? Le nostre spalle si muovono?
- quando facciamo respiri corti, che effetto hanno sul nostro corpo? Quando ci ritroviamo a fare respiri affannosi senza accorgercene? Cosa proviamo in quei momenti?
- che cosa fa la nostra pancia quando respiriamo? Fa un movimento avanti-indietro o si sposta dall’alto verso il basso e viceversa?
- cosa succede al mio corpo se inspiro velocemente ed espiro lentamente? E se faccio il contrario, inspirando lentamente ed espirando velocemente?
Osservare la mente durante il respiro
Come potete vedere, si possono fare molte osservazioni durante la meditazione Anapanasati. E queste riguardano solo il corpo; si potrebbe dire che sono le osservazioni più facili da fare, poiché sono più facili da individuare.
Per quanto riguarda la mente, possiamo domandarci:
- quanto deve essere profondo un respiro per farci stare bene ed essere confortevole da fare?
- quando siamo nervosi, che tipo di respiro emettiamo?
- riusciamo a rimanere concentrati durante l’osservazione dei respiri lunghi, o la nostra mente vaga più facilmente rispetto a quando facciamo respiri corti?
Il respiro corto
Dopo aver osservato e studiato a fondo il respiro lungo, si potrà passare a osservare il respiro corto; sebbene alcune delle domande che vi ho riportato sopra includano alcune riflessioni sul respiro corto, c’è da dire che si possono fare domande e osservazioni più specifiche su questo tipo di respiro anche in contrapposizione al respiro lungo.
Solitamente le persone percepiscono il respiro corto come la causa di uno stato di agitazione, stress e assenza di comfort. Solitamente le persone arrabbiate fanno respiri corti, ma anche chi ha fatto uno sforzo fisico si riconosce dal respiro corto e affannato.
Conoscere il proprio respiro e influenzarlo
Osservare i diversi aspetti del respiro permettono di fare una divisione sulle cause e gli effetti che i diversi tipi di respiro hanno su di noi. E questa consapevolezza ci permette di intervenire in prima persona e regolare “manualmente” il respiro, a seconda di come vogliamo sentirci.
Solitamente, la maggior parte delle persone preferisce un respiro lungo, poiché questo porta con sé un senso di pace e serenità. In una situazione di stress, rendendosi conto di star cominciando a fare respiri brevi e veloci, si può gradualmente regolare il respiro, allungandoli poco a poco, per cercare di tranquillizzarsi.
Per allungare un respiro, possiamo contare mentalmente da 1 a 3 mentre inspiriamo, e poi mentre espiriamo, per poi passare da 1 a 5, a 1 a 7 fino ad arrivare a respiri lunghi 10 secondi, se quella è la durata più confortevole per noi.
So che messa così sembra semplice, ma ovviamente non basta respirare lentamente per rilassarsi. Però mettere il corpo in una situazione più confortevole porterà anche l’animo a calmarsi; e se si pratica l’Anapanasati, e si controlla meglio il proprio respiro, con un po’ di pratica sarà possibile essere più consapevoli delle proprie emozioni, e cercare di modificarle, in meglio, per arrivare ad uno stato mentale più sereno.
Gestire le proprie emozioni
Meditare per il buddismo significa prendere consapevolezza delle proprie emozioni e non esserne più in balìa. Ciò non significa non provare più nulla, ma di scegliere cosa provare, evitando sentimenti negativi che possono portare a comportamenti o azioni di cui potremmo pentirci in un secondo momento.
Perché, diciamocelo, a tutti è capitato almeno una volta nella vita di dire o fare cose di cui si è poi pentito una volta che si è calmato. A volte, quelle scene sono quelle che tornano in mente prima di addormentarsi, provocando nottate inconcludenti perché non ci fanno dormire bene, e che non aiutano affatto l’autostima.
Recentemente ho visto un video davvero interessante sul canale YouTube di Lavendaire, in cui si parla di distinguere tra: corpo, mente e anima. Per “mente” si intendono i pensieri, e una frase in particolare mi ha colpita.
You are a soul living in a human body, with a human brain and human emotions during this lifetime.
Aileen, Lavendaire
Sei un’anima che vive in un corpo umano, con un cervello umano e che prova emozioni umane durante questa vita.
Aileen, Lavendaire
Per riassumere il concetto, si dice di distinguere i propri pensieri per ciò che sono, e di ricordare che il nostro corpo e la nostra mente sono temporanei e legati a questa vita specifica che stiamo vivendo in questo preciso momento, mentre la nostra anima è eterna.
(Il concetto di “questa vita” acquisisce un significato in più se lo si legge all’interno del concetto di reincarnazione, ma rimanendo nella concezione cristiana lo si può anche intendere come vita terrena in contrapposizione alla vita ultraterrena che c’è dopo la morte).
Non farsi dominare dalle emozioni e dai pensieri
Quando un pensiero negativo si manifesta nella nostra mente, se lo guardiamo con gli occhi della nostra anima ci possiamo rendere conto di come quel pensiero sia semplicemente scatenato da un’emozione. IO NON SONO QUEL PENSIERO, quel pensiero è solo una manifestazione di un sentimento che provo in quel momento, e che è causato da determinati eventi o parole.
E personalmente mi viene da aggiungere “IO NON SONO QUEL PENSIERO. IO SONO MEGLIO DI COSI’“. Non voglio essere gelosa, invidiosa, o lasciare che il mio ego mi faccia arrabbiare perché ho torto oppure perché ho sbagliato e non voglio accettare di non essere nel giusto. E, sebbene possa sembrare assurdo, il pensare a questa frase mi fa ricordare di fare qualche lungo respiro, e calmarmi di conseguenza, cercando di concentrarmi sul perché mi sento così.
Se masticate un poco di inglese, vi lascio il video da cui ho preso ispirazione per questa ultima riflessione (ci sono anche i sottotitoli, se preferite leggere):
Lascia un commento