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Ep. 17 – Pijarana Tua Eng – พิจารณาตัวเอง

ragazza con tazza di tè in mano e titolo del podcast

MyFedesign Chiacchiere e Tea – un Podcast sulla Thailandia

Oggi vedremo insieme la frase Pijarana Tua Eng (พิจารณาตัวเอง) che può essere tradotta come “valuta te stesso”, e che viene utilizzata per invitare una persona a ragionare sul proprio comportamento per riconoscere gli errori commessi. Si tratta di una frase potente, che dà la possibilità a chi se la sente dire di fare un giudizio su se stesso per poter poi cercare di migliorarsi.

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Buon ascolto (o buona lettura)!


Benvenuti sul podcast sulla Thailandia di MyFedesign. Io sono Fede, e sono qui per farvi un po’ di compagnia mentre sorseggio una buona tazza di tè caldo.

Se volete potete fare pausa con me, oppure potete tenermi in sottofondo mentre fate qualche attività noiosa, come allenarvi, lavare i piatti o pulire la casa.

In questa serie vi parlerò di alcune frasi e parole thailandesi particolari, perché non hanno una traduzione immediata, oppure perché non hanno un corrispettivo italiano, o ancora perché nascondono una curiosità riguardante la cultura thailandese.

Se vi interessano questi argomenti, sappiate che potete trovare altri post interessanti sul blog myfedesign.com, mentre se volete approfondire la lingua thailandese vi consiglio di passare sul nostro canale YouTube.

Ma ora, passiamo subito all’argomento di oggi.

La frase di oggi e il tè del giorno:

La frase di oggi è una frase che mi è capitato di sentire in ambito lavorativo, spesso con un’accezione negativa. Pijarana Tua Eng si può tradurre come “valuta te stesso” ma anche come “giudicàti”, nel senso di “dare un giudizio su se stessi”.

Ma prima di fare qualche ragionamento sul significato di queste parole, diamo un’occhiata al tè del giorno. Oggi voglio parlare del tè Rooibos, un tè di origine africana conosciuto anche come tè rosso o tè rosso africano.

Il termine Rooibos deriva dall’Afrikans, la lingua ufficiale del Sud Africa, e significa “arbusto rosso”. Questo tè si ottiene tramite l’essicazione delle foglie dell’omonima pianta Rooibos, che non appartiene alla famiglia delle piante da tè.

Il tè Rooibos è infatti un tè privo di caffeina ed è per questo motivo tra le bevande consigliate per conciliare il sonno. Inoltre, è ricco di vitamina C e aiuta la digestione; per questi motivi è diventato subito molto popolare.

Il primo a portare in Europa il tè Rooibos è stato un colono sudafricano di origine russa, di nome Benjamin Ginserg che cominciò a coltivare ed importare questo tè nel 1904.

Anche i bambini possono consumare il Rooibos, e l’assenza di caffeina lo rende la bevanda ideale da sorseggiare durante tutta la giornata, senza doversi preoccupare della quantità, ed è consigliato anche per le donne in gravidanza, da bere in sostituzione di tè e caffè.

Il tè rosso ha un gusto naturalmente dolce e con un retrogusto di agrumi fruttato, a tratti aspro ma comunque meno amaro del tè verde o del tè nero.

Il Rooibos inoltre sembra essere tra i tè apprezzati anche da chi beve caffè, tanto che viene consigliato spesso come sostituto a questa bevanda per chi deve diminuire l’assunzione di caffeina quotidiana e conciliare meglio il sonno.

Il significato di Pijarana Tua Eng

La frase di oggi è formata dalle parole “Pijarana” (พิจารณา) che significa “valutare, considerare, giudicare, tenere conto” ma in alcuni contesti può anche esser tradotto come “pensaci su”, e “Tua Eng” (ตัวเอง) che significa se stessi.

Partendo da questi significati, possiamo dedurre che Pijarana Tua Eng (พิจารณาตัวเอง) è quindi un invito a fare una valutazione su se stessi, sulle proprie parole ed azioni.

Le prime volte che ho sentito questa frase è stato nel contesto lavorativo, e ho scoperto presto che questo termine nasconde spesso anche un altro significato: Pijarana Tua Eng viene spesso usato quando si vuole parlare, in maniera educata, di licenziamento.

Pijarana Tua Eng, il preludio al licenziamento

Non nel senso che se il capo di dice di fare Pijarana Tua Eng tu sia immediamente licenziato; il significato intrinseco è più un “non stai lavorando bene, sei sicuro di essere adatto a rimanere qui? Se ci rifletti su e valuti il tuo operato, non potrai che concordare con il mio dubbio se tenerti o meno in questo ufficio”.

Facciamo un esempio: mettiamo che c’è un nuovo dipendente assunto da 2 mesi, che ha fatto diversi errori e continua a farli, senza dimostrare alcun miglioramento e senza sembrare accorgersi di star rallentando il lavoro degli altri colleghi che devono correggere i suoi progetti e stargli continuamente dietro.

Se nonostante le riprese da parte del responsabile e degli altri colleghi, questo dipendente continua a lavorare sempre nello stesso modo, è normale che poi il capo lo voglia prendere da parte per licenziarlo. Ma invece di farlo in maniera diretta, rischiando di sentirsi dire “ah, mi stai licenziando perché ce l’hai con me! Io sto lavorando sodo e nessuno riconosce i miei sforzi!” la frase Pijarana Tua Eng ti obbliga a fermarti e chiederti “sto davvero dando il massimo? Sono migliorato rispetto al primo giorno in cui ho cominciato a lavorare qui? Sto imparando qualcosa, o mi sto limitando a fare il minimo per prendere lo stipendio?”

Pijarana Tua Eng non è mai un netto “sei licenziato”, quanto piuttosto un “vuoi continuare così ed essere sicuramente licenziato in un futuro molto prossimo, o vuoi darti una mossa e provare a cambiare?”.

Se da una parte chi dice “Pijarana Tua Eng” ad un altro gli sta intimando di cambiare atteggiamento per poter continuare a lavorare lì, dall’altra questa frase lascia spesso un senso di spaesamento, perché non sempre chi si sente dire queste parole è cosciente degli errori che ha fatto o che sta facendo.

Chi pronuncia Pijarana Tua Eng sa già che l’altro è in errore, ma invece di rinfacciargli ciò che ha sbagliato, decide di lasciare che sia l’altra persona a fare una riflessione su di sé, sulle sue parole e azioni, e darsi poi una valutazione oggettiva sul proprio comportamento.

Insomma, il senso di disagio che mi provoca questa frase è che chi la pronuncia non sta giudicando l’altro; gli sta piuttosto dando un segnale, ma lascerà che sia l’altra persona a giudicarsi, impedendogli così di avere un capro espiatorio con cui prendersela.

Non un’accusa, ma un invito al miglioramento di sé

Troppo facile avere qualcuno su cui sbollire la propria insoddisfazione; è sicuramente liberatorio pensare che se qualcosa è andato male è colpa di qualcun altro. Ad esempio, sempre rimanendo in ambito lavorativo, se un preventivo viene finito in ritardo, è più facile dare la colpa alla collega che non ci ha passato le informazioni in tempo invece di ammettere che non abbiamo avuto la voglia di fare quelle quattro telefonate al posto suo.

Pijarana Tua Eng ci rimette al nostro posto: ferma il nostro flusso di pensieri e ricerca di scuse e accuse verso gli altri, e ci obbliga a prendere noi stessi come oggetto di riflessione.

Questa semplice frase ci obbliga a fare un giudizio oggettivo su noi stessi; quando sentiamo dirci “Pijarana Tua Eng” sappiamo che l’altro pensa che noi siamo in errore. Nel sentire quelle parole non possiamo che fermarci, fare un passo indietro per vedere la situazione più da lontano, intendo, metaforicamente parlando, e cercare di fare un’analisi oggettiva.

Pijarana Tua Eng non è da interpretare come un’accusa; è piuttosto un invito a migliorarsi. Mi piace pensare che quando uno sbaglia in realtà sia cosciente dell’errore, almeno inconsciamente, nonostante nella sua testa si inventi un sacco di scuse e motivazioni per giustificare una determinata azione.

Ma l’unico modo per migliorarsi è accettare di aver sbagliato, capire perché è nato quell’errore, e cercare di evitare che possa accadere di nuovo.

Pijarana Tua Eng e Buddismo

Si potrebbe quindi dire che Pijarana Tua Eng sia un invito alla meditazione? In fondo, abbiamo visto in diversi post sul blog che per il buddismo meditare è equivalente a osservare e studiare la natura, non solo in senso di “ambiente esterno” a noi, ma anche nel senso di “natura umana”, e più nello specifico al nostro io.

Pijarana Tua Eng ci invita a valutare la nostra vita attuale, il nostro modo di agire, parlare e pensare, in base ai valori etici universali, distaccandoci da tutte quelle sensazioni e pensieri egoisti.

Tramite questa osservazione possiamo porre le basi per migliorare noi stessi nel comportamento verso noi stessi e verso gli altri, andando così ad influenzare la nostra qualità della vita.

Torniamo all’esempio di prima: se ad esempio mi rendo conto che quel preventivo avrei potuto finirlo io senza aspettare la mia collega, semplicemente facendo quattro telefonate, perché allora ho voluto delegarle a lei, pur sapendo che aveva già molto lavoro da fare per altri progetti, invece di farle io?

Perché non mi piace parlare al telefono?
Perché la persona dall’altra parte mi sembra non mi stia ascoltando?
Perché sono una persona pigra?
Forse perché non sono brava a parlare con le persone e tendo a farmi mettere i piedi in testa dagli altri?
O forse non mi ero resa conto di poter fare quelle telefonate perché nessuno mi aveva dato il permesso esplicito di poter usare il telefono dell’ufficio?

Le motivazioni possono essere le più disparate, ma ci offrono tutte quante diversi spunti di riflessione non solo su quella particolare situazione, ma anche su come tendiamo a comportarci.

E una volta individuate queste motivazioni, possiamo lavorare su quei difetti per cercare di migliorare non solo dal punto di vista lavorativo, ma anche come persona.

Pijarana Tua Eng e distaccamento

Ovviamente questo giudizio oggettivo su di sé e sulle proprie azioni non è facile da fare. Il nostro istinto infatti ci porterà spesso a giustificarci a prescindere, perché non possiamo ammettere con noi stessi di aver sbagliato, oppure, al contrario, potrebbe buttarci giù ripetendoci che siamo degli incapaci, che non siamo in grado di fare nulla di buono, che non siamo abbastanza.

Personalmente, un trucco che mi aiuta a cercare di essere oggettiva con me stessa è il distaccamento. Ovviamente non si tratta di un’idea mia, ma deriva dalla teoria buddista che prevede di allontanarsi dal concetto di “sé”, inteso come “io”, per poter avere una visione più distaccata della realtà e delle proprie azioni, andando così anche a valutare le conseguenze in maniera meno superficiale.

Quando qualcuno ci dice di fare “Pijarana Tua Eng”, fermiamoci e distacchiamoci dai nostri pensieri ed emozioni. Lasciamo da parte tutte quelle frasi che iniziano con “ma io…” “però io…” “ma se lei/lui… allora io…”. Mettiamo da parte anche le emozioni di rabbia, vergogna, imbarazzo che possono causare quelle parole.

Ricordiamoci che i pensieri e le emozioni passano, e possono cambiare nel tempo: se pensiamo a noi stessi come ad un veicolo per permettere a quelle parole e quei sentimenti di prendere forma, ci renderemo conto che non ha senso attaccarci ad essi.

So che è un concetto un po’ difficile da assimilare, ma forse questa frase che ho sentito sul canale YouTube di Lavendaire può darvi una migliore comprensione di questa idea.

“Tu non sei la tua mente. Tu sei un’anima viva che in questa vita si trova all’interno di un corpo umano, con un cervello umano e prova emozioni umane”.

In inglese questa frase suona decisamente meglio, ma spero che comunque se ne riesca a percepire il significato anche in italiano.

“You are not your mind. You are a soul living in a human body, with a human brain and human emotions during this lifetime”.

Se pensiamo a noi stessi come ad un insieme di elementi separati, anima, mente, corpo ed emozioni, possiamo fare un’osservazione oggettiva dei nostri comportamenti, e dare quindi un giudizio sul nostro essere.

Distacco dall’idea di “io” per potersi migliorare

È più facile accettare di aver sbagliato se ci allontaniamo dall’idea di “io”. In fondo, il nostro stesso “io” è in continua evoluzione e cerca sempre di migliorarsi. “Io” è sia la Federica bambina di sei anni, agitata per il suo primo giorno di scuola, sia la Federica trentenne che sta scrivendo questo podcast. Sono sempre io, ma, come potete ben immaginare, sono molto diversa da allora. E spero di poter dire di essere migliorata in tutto questo tempo.

Per migliorare se stessi c’è bisogno di sbagliare, sperimentare, di ricevere dei “no” e vedersi sbattere delle porte in faccia. E allora, forse è il caso di ricordarsi di fermarsi ogni tanto, e fare del Pijarana Tua Eng anche quando non ce lo dice nessuno, giusto per guardare a che punto siamo sul nostro percorso personale e poterci congratulare con noi stessi dei miglioramenti che abbiamo fatto, per poi continuare a lavorare sugli altri aspetti che ancora non ci soddisfano.

Perché c’è sempre tempo di migliorare, se vogliamo farlo davvero. È sufficiente un piccolo passo alla volta.

Una piccola storia per concludere

E per concludere, ecco una piccola storiella molto semplice, che spero possa spiegare meglio i concetti che abbiamo affrontato in questo episodio.

C’era una volta un bambino di cinque anni, di nome Corrado, che amava correre per casa e non stava mai fermo; voleva sempre giocare. Mamma e papà allora gli presero un cagnolino, che il piccolo decise di chiamare Max. Corrado e Max giocavano tutto il giorno insieme, e si divertivano un sacco.

Ma la mamma e il papà si divertivano un po’ meno: un giorno trovarono le tende a terra, il giorno successivo un vaso rotto, e il giorno dopo ancora i croccantini di Max sparsi per tutto il soggiorno.

Ogni volta che chiedevano cosa fosse successo, il piccolo Corradino rispondeva sempre “è stato Max! Stavamo giocando e…”. I genitori gli dicevano di fare più attenzione, ma cominciarono ad accorgersi che quella scusa arrivava sempre più spesso: se riprendevano Corrado perché non aveva messo le scarpe al loro posto nella scarpiera, il piccolo diceva che l’aveva fatto, ma Max le aveva fatte cadere, e se i giochi non erano al loro posto era perché Max li aveva spostati.

La goccia che fece traboccare il vaso fu quando il papà entrato in cucina vide delle gocce di latte sul pavimento, accanto a Corrado che teneva ancora il bicchiere di latte in mano, ma quando gli chiese cos’era successo, il bimbo disse prontamente che era stato il povero cagnolino, che invece stava dormendo vicino all’ingresso.

– Così non va! – dissero i genitori parlando tra loro – Corrado non può sempre usare Max come scusa! Bisogna insegnargli un po’ di responsabilità…

E così, l’indomani mattina a colazione, mamma e papà dissero a Corrado che se Max avesse combinato un altro guaio, l’avrebbero dovuto dare via. Ma non potete farlo! Max fa parte della famiglia!

Lo porteremo dai nonni, così avrà un grande giardino dove correre e potrai andarlo a trovare quando andiamo da loro la Domenica…

– Tesoro, devi capire che se Max continua a fare tutti questi disastri non può rimanere qui, sennò distruggerà la casa.

Corrado si intristì molto a quella notizia, ma, come fanno spesso i bambini, si dimenticò presto della cosa, preso dall’enorme toast con formaggio e prosciutto che la mamma gli aveva preparato. Dopo la colazione corse da Max per giocare con lui, e il pensiero dell’allontanamento del suo amico a quattro zampe era già un lontano ricordo.

Quel giorno aveva deciso che avrebbero giocato ai supereroi: Corrado prese lo scialle preferito della mamma, che era rimasto appoggiato vicino alla poltrona, e lo indossò come mantello, impugnò un piccolo bastoncino di legno e cominciò a combattere contro il suo acerrimo nemico, il malvagio dottor Max.

Ma sul più bello, Max riuscì ad addentare lo scialle, e cominciò a tirarlo forte, mentre anche dall’altra parte Corrado tirava, e alla fine lo scialle si strappò. Nel vedere le due parti di stoffa penzolare, Corradino ripensò alle parole di mamma e papà e cominciò a piangere, facendo così accorrere i genitori in salotto.

Corradino non smetteva di piangere, e non riusciva a rispondere alle domande dei genitori, che continuavano a chiedere cosa fosse successo. Nel mentre, Max aveva lo sguardo triste, le orecchie giù e la coda tra le gambe.

Il papà allora sgridò Max, e fece per mettergli il guinzaglio per portarlo in macchina, quando Corrado gridò: “È colpa mia! Sono stato io a strappare lo scialle di mamma! Non portare via Max, ti prego!”

La mamma abbracciò il piccolo Corradino, invitandolo a smettere di piangere.

– Su, ora basta lacrime, e parliamo un po’. Lo stai dicendo solo perché non vuoi che portiamo Max dai nonni, vero?

Corrado scosse la testa. Non è che non volesse bene a Max, ma aveva paura di essere messo in castigo, per quello aveva sempre dato la colpa al suo cagnolino. Però adesso che rischiava di venir separato dal suo migliore amico, decise di raccontare tutta la verità.

Mamma e papà ascoltarono attentamente ogni parola e ogni confessione, e poi lo abbracciarono forte e lo consolarono.

– Se vuoi essere un bimbo grande, devi imparare a prenderti la responsabilità di quello che fai. E poi le punizioni non sono sempre brutte sai?

Corradino si asciugò un’ultima lacrima, mentre Max gli leccava l’altra mano, come a ringraziarlo per averlo aiutato.

– Eh sì, adesso che la mamma non ha più uno scialle, dovremmo andare a comprarne uno nuovo al centro commerciale. La tua punizione sarà di scegliere il nuovo scialle di mamma, va bene Corradino?

Tutto qui? Davvero?

Mamma e papà annuirono.

– Tutto qui. Però d’ora in poi, niente più bugie, promesso?

– PROMESSO! – gridò felice Corradino, abbracciando forte i genitori.

Imparare ad essere responsabili delle proprie azioni è una cosa che si dovrebbe imparare fin da bambini. Ma bisogna anche fare attenzione a non collegare sempre responsabilità con punizione, per evitare che il concetto di responsabilità possa causare qualche trauma ed essere inconsciamente collegato solo all’idea di essere puniti.

Forse i genitori avrebbero dovuto mettere in punizione Corradino, ma in questo caso quello che volevano realmente era insegnargli una lezione: dire la verità e assumerti le tue responsabilità è la cosa giusta da fare, anche se non è sempre facile farlo.

Conclusione

Grazie per essere arrivati fino alla fine di questo episodio del podcast di MyFedesign.

Oggi abbiamo visto insieme la frase Pijarana Tua Eng (พิจารณาตัวเอง) che può essere tradotta come “valuta te stesso”, e che viene utilizzata per invitare una persona a ragionare sul proprio comportamento per riconoscere gli errori commessi. Si tratta di una frase potente, che dà la possibilità a chi se la sente dire di fare un giudizio su se stesso per poter poi cercare di migliorarsi.

Se vi è piaciuta questa puntata e volete lasciarmi un vostro commento, potete trovare tutti gli episodi sia sul blog myfedesign.com sia nella playlist sul canale YouTube MyFedesign.

E mentre sorseggio il mio ultimo sorso di tè, vi auguro buona giornata e spero di rivedervi anche nella prossima puntata.

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