MyFedesign Chiacchiere e Tea – un Podcast sulla Thailandia
Oggi voglio rendervi partecipi di alcune riflessioni personali che ho fatto riguardo al termine thailandese Rab Pid Chop ( รับผิดชอบ ) che può essere tradotto come “responsabilità” oppure “essere responsabile”.
All’interno di questa parola possiamo infatti riconoscere tre termini che ci ricordano come le responsabilità siano da prendere sia sui successi (le cose che ci piacciono) sia sugli errori, siano essi casuali o sistematici.
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Buon ascolto (o buona lettura)!
Benvenuti sul podcast sullla Thailandia di MyFedesign. Io sono Fede, e sono qui per farvi un po’ di compagnia mentre sorseggio una buona tazza di tè caldo.
Se volete potete fare pausa con me, oppure potete tenermi in sottofondo mentre fate qualche attività noiosa, come allenarvi, lavare i piatti o pulire la casa.
In questa serie vi parlerò di alcune frasi e parole thailandesi particolari, perché non hanno una traduzione immediata, oppure perché non hanno un corrispettivo italiano, o ancora perché nascondono una curiosità riguardante la cultura thailandese.
Se vi interessano questi argomenti, sappiate che potete trovare altri post interessanti sul blog myfedesign.com, mentre se volete approfondire la lingua thailandese vi consiglio di passare sul nostro canale YouTube.
Ma ora, passiamo subito all’argomento di oggi.
La frase di oggi e il tè del giorno:
Oggi condivido con voi qualche pensiero riguardo la parola Rab Pid Chop, che si può tradurre come “essere responsabile” o come “responsabilità”.
Il tè che ci accompagna oggi è il Lady Grey, una varietà di Earl Grey aromatizzata con scorza di arancia e limone.
Si tratta di un tè con un retrogusto di agrumi che attutisce il gusto originale dell’Earl Grey, rendendolo ideale da far assaggiare a qualcuno che non ha mai bevuto questo tè prima.
Il nome del tè è dedicato alla moglie del primo ministro britannico dell’epoca, Charles Grey. Ed in effetti, la signora Mary Elizabeth Grey non apprezzava il tè Earl Grey, trovandone il gusto troppo forte.
Questa varietà di tè fu realizzata da Twinings agli inizi del 1990, che ne scelse anche il nome, e che oltre ad aggiungere le scorze di limone e arancia, aggiunse anche il fiordaliso per aggiungere un tocco delicato alla fragranza della bevanda.
Molti considerano il Lady Grey come la versione femminile dell’Earl Grey, ideale da sorseggiare in ogni momento della giornata.
Il significato di Rab Pid Chop
Volendo analizzare la parola “Rab Pid Chop” ( รับผิดชอบ ) possiamo riconoscere 3 termini: Rab ( รับ ) cioè “ricevere” o “prendere”, Pid ( ผิด ) ovvero “sbagliato” e Chop ( ชอบ ) ovvero “piacere” o “ciò che piace”.
Il termine thailandese Rab Pid Chop si può tradurre come sostantivo “responsabilità” oppure come verbo “essere responsabile”.
Ma la presenza del termine “sbagliato” porta con sé una connotazione che in italiano non è così scontata: essere responsabile è legato al prendersi la responsabilità non solo di ciò che piace (Chop) ma anche di ciò che è sbagliato, (Pid).
Gli errori infatti sono qualcosa di inevitabile, che possono accadere in ogni ambito.
Due lettere invertite in un importante contratto di lavoro. Oppure una misura sbagliata in un progetto architettonico. Un codice di programmazione sbagliato in un videogioco.
Gli sbagli possono accadere a chiunque, in qualunque momento. Sono qualcosa che si cerca sempre di evitare, ma a volte sfuggono dalle revisioni.
E può capitare di trovarsi nel bel mezzo di una riunione a litigare per capire chi debba prendersi la responsabilità di un errore.
Ed in effetti, essere responsabili il più delle volte significa accettare di dover prendersi le responsabilità degli errori. Anche quando non siamo stati noi a farli, ma il nostro team di lavoro, o gruppo di amici, o la nostra famiglia.
Responsabile e colpevole?
Messa in questi termini, Rab Pid Chop potrebbe quasi far venire in mente un altro termine: colpevole.
Essere responsabile spesso può portare a essere accusati di essere colpevoli di determinati sbagli.
Ad esempio, se in un ufficio sono nati degli errori a causa di trascrizione di documenti errati, sarà sì chi li ha redatti a doversi prendere la responsabilità di quegli errori, ma più spesso può capitare che il dito venga puntato contro anche su chi ha scelto quella persona per quel lavoro.
“Sei responsabile di aver messo quella persona incompentente a quella mansione, e quindi è anche colpa tua”.
“Sei responsabile perché non hai insegnato bene il lavoro alla stagista, e ora dovrai trovare un modo per correggere i tuoi sbagli”.
Insomma, essere responsabile il più delle volte comporta anche un senso negativo di errore, che però viene spesso addolcito da altri concetti.
Dal punto di vista lavorativo, essere il responsabile di qualcuno significa economicamente avere uno stipendio più alto di un semplice dipendente, e all’interno dell’ufficio di avere più potere decisionale rispetto ad altri.
Dal punto di vista sociale, essere il responsabile significa poter essere l’ultima voce a prendere le decisioni, oppure essere effettivamente la persona che deve occuparsi di tutto e di conseguenza, che può scegliere quello che preferisce.
Banalmente, in ogni gruppo di amici possiamo riconoscere una persona maggiormente responsabile delle altre, quella che organizza sempre le cene, gli incontri, le telefonate e propone gite e idee per varie feste, dai compleanni, alle lauree, ai semplici capodanno e pasquetta.
Più spesso però nei gruppi di amici la responsabilità si può spartire tra tutti, e solitamente non ci sono mai troppi problemi, anche se a dire il vero questo dipende molto dal rapporto di amicizia che si ha con i singoli amici.
Nel campo lavorativo, invece, prendersi la responsabilità di gravi errori può portare a conseguenze molto pesanti: un progetto annullato, la perdita di soldi investiti, fino al licenziamento.
Responsabilità nella lingua italiana
So che in italiano il termine “Responsabilità” ha anche altre connotazioni; una persona responsabile è definita una persona positiva ed equilibrata, che evita di avere comportamenti che possano essere dannosi per sé o per gli altri, oppure una persona coscienziosa e con la testa sulle spalle, come suggeriscono i primi due significati della parola “responsabilità” sul vocabolario Treccani.
Ma anche in thailandese Rab Pid Chop ha un significato positivo: essere in grado di accettare di prendersi eventuali colpe ed errori è sicuramente un qualcosa che non tutti sono in grado di fare. Soprattutto perché, chi ha il Rab Pid Chop, deve anche cercare una soluzione a quei problemi, per cercare di risolvere la situazione.
Perché in thailandese non si dice che una persona è responsabile, ma si dice che una persona ha della responsabilità “Kon Tee Mee Kwam Rab Pid Chop” ( คนที่มีความรับผิดชอบ ) è il termine che si utilizza per definire in thailandese la persona responsabile. E letteralmente è “persona che ha il senso della responsabilità”.
Rab Pid Chop non è una qualità innata della persona, ma è più considerato come una scelta, quasi come se fosse uno stile di vita.
O almeno, questo è ciò che mi fa pensare il fatto che venga utilizzato il verbo avere, invece del verbo essere per definire una persona responsabile.
Rab Pid Chop come qualcosa che si ha, non che si è
Kon Tee Mee Kwam Rab Pid Chop è una persona che ha scelto di essere responsabile, che per qualche motivo ha scelto di sviluppare quella qualità.
Potrebbe essere perché è naturalmente portato alla risoluzione dei problemi, oppure perché punta ad un salto di carriera, o più semplicemente, perché gli sembra un modo di vivere molto più cosciente del negare sempre di aver sbagliato.
Spesso il termine irresponsabile, che in thailandese si ottiene tramite la negazione del concetto di “responsabilità”, quindi letteralmente “non-responsabile”, è associato ai bambini, che non sono pronti ad assumersi pienamente le responsabilità delle loro azioni, e le loro conseguenze.
E, esattamente come visto prima, in thailandese una persona irresponsabile è qualcuno a cui manca il Rab Pid Chop.
Ed è particolare come si usi il termine “Kad” ( ขาด ) , ovvero “mancare”, per sottolineare come quella qualità al momento non sia proprio presente.
Essere irresponsabili si può dire in due modi: Kad Kwam Rap Pid Chop ( ขาดความรับผิดชอบ ), ovvero “gli manca il senso di responsabilità” oppure Mai Mee Kwam Rab Pid Chop ( ไม่มีความรับผิดชอบ ), che si può tradurre semplicemente con “non ha il senso di responsabilità”.
Diversi tipi di errori
Ma non tutti gli errori sono uguali; come mi ripeteva spesso il mio capo nell’ultimo ufficio in cui ho lavorato, c’è differenza tra un errore sistematico e un errore casuale.
Un errore casuale è quello che potremmo definire un errore di battitura, nel caso in cui stiamo scrivendo al computer, o una svista.
Ricordo che per evitare questo tipo di errori, alle medie, la professoressa ci aveva insegnato un trucco; una volta finito il tema, prima di riconsegnarlo dovevamo leggerlo almeno due volte.
La prima in maniera “normale”, per verificare la sintassi e controllare il senso delle frasi. La seconda “al contrario”, ovvero partendo dall’ultima parola del testo a ritroso.
In questa rilettura al contrario invece di concentrarci sul senso del testo, ponevano la nostra concentrazione sulle singole parole, e potevamo notare più facilmente quelle scritte sbagliate.
Un errore sistematico invece è un errore che viene perpetrato in maniera automatica. Ad esempio, se impariamo a scrivere una parola in maniera incorretta, la scriveremo sempre sbagliata, senza però renderci conto del nostro sbaglio.
Questo può accadere per esempio ai bambini piccoli; se si impara una parola sbagliata da piccoli, e si scopre solo a 18 o 20 anni dell’errore, sarà quasi impossibile riuscire a liberarsene nel giro di poco tempo, perché per noi sarà naturale scrivere quella parola in quella maniera.
Si tratta di una cosa che può succedere anche quando si studia una lingua straniera; se imparate che ad esempio, il termine inglese “green” si traduce con “giallo”, sarete portati ad usarlo sempre con il significato di giallo, senza sapere invece che quello è il nome inglese del colore verde.
Insomma, un errore casuale nasce appunto dal caso; può essere per sbadataggine, perché eravamo di corsa, o perché non si era abbastanza concentrati oppure semplicemente perché ci è scappato un dito sulla tastiera.
Per correggere questi errori ci sono diversi metodi: dalla rilettura, alla scansione tramite controlli ortografici o al banale farlo leggere a qualcun altro.
Ma un errore sistematico è un errore che spesso non è neanche considerato tale da chi lo commette, ed è per questo motivo più difficile da eliminare.
Ricordo perfettamente di un tema delle elementari in cui scrissi la parola “febbre” in maniera errata, scrivendolo con una erre in più tra F e E, ovvero “frebbre”. La mia maestra dell’epoca, per evitare che quello potesse diventare un errore sistematico, me lo fece riscrivere diverse volte in maniera corretta, per abituarmi a vederlo scritto giusto, ed evitare che in futuro lo scrivessi ancora in maniera sbagliata.
Peso differente a seconda dell’ambito
Finora ho parlato di errori di scrittura, ma anche in altri ambiti è possibile vedere questi tipi di errori. Ad esempio, se in una tavola di un fumetto la protagonista improvvisamente indossa una collana rossa, mentre di solito la stessa collana è colorata di rosa, quello può essere considerato un errore casuale, mentre un errore sistematico potrebbe essere lo sbagliare la prospettiva o la proporzione delle mani o del corpo della protagonista stessa.
Anche nell’interior design è possibile vedere queste due tipologie di errori: anche se in questo caso gli errori casuali possono essere molto più gravi; ad esempio, digitare un 7 invece di un 4 può portare il falegname a realizzare un mobile molto più grande della parete a disposizione, oppure di comprare una TV che non entra nel mobile che abbiamo disegnato.
Non parliamo poi dell’ambito medico o finanziario. Insomma, se è vero che ci sono diverse tipologie di errori, è anche vero che, a seconda dell’ambito in cui ci si sta riferendo, anche un errore casuale può portare a conseguenze davvero catastrofiche.
Ed è per questo che è importante che ci sia qualcuno di responsabile a organizzare il lavoro per assicurarsi di evitare il più possibile errori e sviste.
E se da una parte, chi ha la responsabilità ha anche un potere maggiore rispetto agli altri nel suo gruppo, non deve mai dimenticare anche gli aspetti negativi di quella carica: Rab Pid Chop racchiude davvero entrambe le cose. Sia i Pid, le cose sbagliate, sia i Chop, le cose che piacciono, i meriti, quando tutto va come dovrebbe andare.
Ricordi del 2015 su “Rab Pid Chop”
Oggi, niente favola. Oggi vi racconto un aneddoto di quando lavoravo come interior designer ad Hatyai.
Non ho avuto molti progetti a dover supervisionare da sola, spesso mi limitavo ad affiancare i miei colleghi architetti più vecchi (solo di qualche anno, ma in Thailandia anche solo un anno in più fa la differenza, sempre per il concetto thailandese di portare rispetto a chi è più anziano di noi, anche se di poco).
Questo era uno dei primi progetti che gestivo da sola, affiancata da una nuova ragazza che era entrata in ufficio come “aiuto interior designer”.
Si trattava di una macelleria poco lontano dall’ufficio, un piccolo negozio realizzato da zero all’interno di un edificio nuovo su 3 piani. La macelleria avrebbe occupato solo il primo piano, e dopo aver concordato i disegni interni con il cliente, cominciammo a fare i lavori interni.
L’interno della macelleria presentava un piccolo gradino al suo interno, che divideva al centro la stanza su due altezze. Parlo di un gradino singolo, di circa 15-17 cm al massimo, quindi non un’altezza esagerata.
E poiché il cliente voleva mettere al centro della macelleria diversi congelatori con apertura dall’alto, dove esporre la carne surgelata importata, io avevo pensato di sfruttare quel gradino per nascondere una presa proprio al centro della stanza.
L’idea era quindi di far girare i fili dell’elettricità a filo del gradino, e poi creare una struttura in legno un po’ più larga della presa per incastrare la presa a pavimento. In questo modo l’area rialzata superiore sarebbe stata un po’ più grande dell’originale, ma avremmo potuto nascondere i cavi e la presa.
Inoltre questo ulteriore gradino in legno sarebbe stato integrato sia con il pavimento vecchio, sia con il resto dei mobili a muro che avremmo costruito.
Il problema però è sorto quando il falegname ha cominciato a fare la struttura di questa estensione del gradino.
Mentre fissava i listelli di pavimento di legno che sarebbero andati a creare la struttura dell’estensione del gradino, l’angolo di una delle piastrelle si è completamente rotto. Andando a vedere cosa fosse successo, abbiamo capito che l’interno del gradino non era completamente in cemento, ma in parte era vuoto, e le piastrelle in alcuni punti erano semplicemente “appoggiate” in verticale.
E, bucando una piastrella dietro cui non c’era nulla, il trapano ha rotto sia la piastrella dell’alzata, sia parte di quella in corrispondenza della pedata.
Okay, forse non so se sono riuscita a descrivervi a parole il problema in maniera chiara – vi metto comunque qualche foto sul blog o nel podcast su YouTube – ma non concentriamoci troppo su questi dettagli.
Il punto è che avevo una piastrella rotta, che non poteva essere sostituita perché il costruttore non ne aveva lasciate altre al proprietario dell’edificio, e una struttura in legno che non ero sicura sarebbe stata abbastanza stabile per poter essere calpestata – non potendo fissare il legno al cemento, non potevo avere la certezza della stabilità.
Alla riunione che seguì in ufficio, dopo aver spiegato la situazione con foto e schizzi, ricordo chiaramente la domanda su cui tutti si concentrarono: di chi è la colpa?
“È colpa del costruttore. Chiaramente non ha costruito bene quella parte sopraelevata, quindi devono venire loro a risolvere, rifacendo per bene quella parte e, quindi, pagando loro le piastrelle”
“No no. La colpa è del falegname. Prima di bucare poteva controllare se la piastrella fosse piena o meno, e invece non l’ha fatto. Deve pagare lui.”
“È colpa di…”
Insomma, tutti a cercare un responsabile, tutti che cercavano qualcuno contro cui puntare il dito.
Ad un certo punto, lo ricordo molto bene, purtroppo ho perso la calma: non me ne importava un fico secco di chi fosse la colpa, quello di cui avevo bisogno in quel momento era di un consiglio su come risolvere quel problema.
Così feci l’unica cosa che mi sembrava sensata: dissi che era colpa mia. Poi aggiunsi “Ora che abbiamo stabilito di chi è la colpa, mi aiutate a risolvere questo problema?”
E fu allora che capii che il termine Rab Pid Chop porta con sé anche un senso di solitudine: “beh, se è colpa tua, allora risolvitelo tu”. Sgranai gli occhi, dicendo che stavo chiedendo consigli a loro perché avevano più esperienza di me.
Ma niente da fare: responsabilità mia, me la dovevo gestire io. Ovviamente questo singolo esempio è un po’ brusco e molto estremizzante del concetto, ma questa è stata la prima volta che ho riflettuto davvero sul termine “responsabilità”, con tutti i pro e i contro che poteva comportare.
Non c’è una morale di questa storia, se non che spesso la gente si fissa su cose secondarie, come capire di chi è la colpa di qualcosa, invece di pensare a come risolvere la situazione creatasi.
E se vi state chiedendo come ho risolto il mio problema, beh, sono corsa al sito, chiamando il falegname al telefono e chiedendogli di presentarsi anche lui lì – perché a lavorare alla macelleria c’erano solo i suoi operai – e insieme abbiamo trovato una soluzione che ho poi proposto al cliente e che il cliente ha accettato.
Invece di cambiare tutta la pavimentazione, costo che si sarebbe dovuto addossare il nostro ufficio, visto che noi avevamo rotto le piastrelle, e che durante la riunione i miei colleghi stavano cercando di capire se potevano farsi ripagare dal costruttore o dal falegname per quella spesa imprevista, abbiamo recuperato i pezzi di piastrella rotta, abbiamo guardato se potevamo in qualche modo ricomporre l’angolo almeno con il pezzo più grande, e poi il falegname mi ha suggerito di prendere un profilo da pavimento in legno, un po’ largo, in modo da coprire in parte l’angolo rotto.
In questo modo il pavimento non sarebbe stato perfettamente liscio, ma c’erano ben due vantaggi nell’uso del profilo: oltre che a coprire parte dell’angolo rotto, poteva mascherare bene anche la giunzione tra gradino esistente e gradino costruito (durante le misurazioni in loco il falegname aveva infatti scoperto che lo spigolo del gradino non era perfettamente perpendicolare alla parete, e mascherandolo con il profilo si sarebbe notato molto meno – inoltre decidemmo di rendere il gradino perpendicolare grazie alla struttura in legno, quindi andando a creare una simmetria molto più piacevole alla vista).
La presenza del profilo avrebbe inoltre fatto sì che la gente avrebbe fatto un po’ più di attenzione a dove mettere i piedi, senza rischiare di inciampare – il pavimento della stanza infatti era ricoperto delle stesse piastrelle sia nella parte superiore sia nella parte inferiore, e se uno non faceva attenzione a dove metteva i piedi poteva rischiare di cadere o inciampare dal gradino (diversi operai durante i lavori sono quasi inciampati proprio per questo motivo).
Insomma, alla fine il cliente fu soddisfatto di quella soluzione e approvò l’uso del profilo, permettendomi di tirare un bel sospiro di sollievo e farmi fare una bella figura alla successiva riunione.
Da quell’esperienza ho imparato che a volte prendersi il “Rab Pid Chop” può permettere di smuoversi da una situazione stagnante per cercare una soluzione allo sbaglio compiuto (in altre situazioni il prendermi la responsabilità di qualcosa mi ha aiutato a portare l’attenzione di tutti alla ricerca di una soluzione condivisa), e dall’altra ho imparato anche che a volte è più facile lavorare con chi ha esperienza sul campo, in questo caso il falegname, rispetto a chi è abituato a lavorare in ufficio solo su disegni teorici (e non lo dico perché ce l’abbia con gli architetti, io stessa ho potuto migliorarmi molto come interior designer grazie all’esperienza sul campo, più che sullo studio sui libri).
Conclusione
Grazie per essere arrivati fino alla fine di questo episodio del podcast di MyFedesign.
Oggi vi ho reso partecipi di alcune riflessioni personali che ho fatto riguardo al termine thailandese Rab Pid Chop ( รับผิดชอบ ) che può essere tradotto come “responsabilità” oppure “essere responsabile”.
All’interno di questa parola possiamo infatti riconoscere tre termini che ci ricordano come le responsabilità siano da prendere sia sui successi (le cose che ci piacciono) sia sugli errori, siano essi casuali o sistematici.
Se vi è piaciuta questa puntata e volete lasciarmi un vostro commento, potete trovare tutti gli episodi sia sul blog myfedesign.com sia nella playlist sul canale YouTube MyFedesign.
E mentre sorseggio il mio ultimo sorso di tè, vi auguro buona giornata e spero di rivedervi anche nella prossima puntata.
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