Un silenzio assordante.
Gli ossimori hanno sempre avuto un fascino particolare: mi ha sempre lasciato sbalordita come fosse possibile accostare due parole opposte, apparentemente in contrasto l’una con l’altra, e dar loro un nuovo significato, una sfaccettatura che quella stessa parola, da sola, non avrebbe avuto. E “silenzio assordante” era il mio ossimoro preferito.
Pensateci un attimo: il silenzio è un momento in cui i suoni si fanno da parte, e non rimane nulla da ascoltare.
Il silenzio può far paura, perché è sinonimo di solitudine, tant’è che alcune persone preferiscono tenere accesa la tv, o la radio, o qualsiasi altro “aggeggio tecnologico” pur di avere un qualche rumore di sottofondo, e non avere l’impressione di essere da soli, perché il silenzio genera inquietudine, ed è infatti usato nei film per generare tensione: se tutto si zittisce, puoi star certo che sta per avvenire qualcosa di terribile.
Eppure credo che tra i motivi per cui si teme il silenzio sia ben altro; quando tutti i rumori intorno a noi spariscono, quando decidiamo di chiudere la bocca e non emettere alcun suono, qualcosa si sveglia dentro di noi, generando un turbamento che non riesco a descrivere.
Ve ne sarete accorti anche voi che quella vocina dentro la nostra testa, pronta a riportarci alla memoria tutti gli errori commessi, ricordandoci quanto siamo inutili ed incapaci di affrontare ciò che accade nella nostra vita, rinforzando le nostre paure più intime, si manifesti quasi esclusivamente quando tutto il resto perde la voce.
Il silenzio porta con sé molti pensieri assordanti, che urlano con tutta la forza nella nostra mente, riempiendola di pensieri negativi che vanno a spegnere la nostra autostima.
Il silenzio quindi è una condizione da temere e da evitare?
Eppure… riflettendoci bene, il silenzio non è poi così male. Superata la prima fase di insicurezza e timore, si può arrivare persino a trovarlo rassicurante; non dev’essere un caso che molte religioni reclamino il silenzio come una condizione necessaria per il benessere della nostra anima: nel cristianesimo, è nel silenzio della preghiera che possiamo avere un dialogo con Dio, mentre per il buddismo il silenzio è la base per la meditazione.
Inspira… ed espira. Inspira ed espira.
Dimentica ogni cosa, lascia fuori il mondo e concentrati sul respiro. E ti accorgerai che il silenzio non è esattamente privo di rumore.
Il silenzio è composto da tanti, piccoli suoni, che troppo spesso diamo per scontato: il ticchettio dell’orologio sul comodino, il rumore dell’acqua che scorre mentre laviamo i piatti, il brusio del frigorifero in cucina…
Tutti rumori a cui le nostre orecchie non prestano attenzione, presi come siamo dalle nostre vite frenetiche, ma che ci possono dar concentrare sul momento che stiamo vivendo: niente rimorsi, rimpianti, ricordi del passato, né aspettative, programmi o sogni per il futuro.
La concentrazione può dunque essere lo strumento che trasforma il “silenzio assordante” in cui veniamo travolti dai nostri pensieri, in un silenzio quieto, in cui li mettiamo in pausa, ci concentriamo sul luogo in cui ci troviamo, su come ci sentiamo, improvvisamente dimentichi di tutti i problemi che normalmente ci opprimono: e dopo un bel respiro, possiamo essere in grado di riprendere la situazione in mano.
Personalmente io lo vivo come un momento in cui “cambio pagina”, e dopo aver espirato e riaperto gli occhi, è come se mi trovassi di fronte ad un foglio bianco, dove posso mettere tutto per iscritto e cercare di pianificare un piano d’azione.
La mia formula per il “me time” consiste dunque in questo: ritagliarmi un momento di tranquillità, in silenzio, magari con le cuffie nelle orecchie, senza bisogno di ascoltare nulla, con una bella tazza di tè sulla scrivania e l’agenda di fronte a me.
Ma nonostante ciò, se devo lavorare su un progetto, soprattutto quando si tratta di scrivere le parti più “tecniche”, preferisco avere un po’ di musica, o qualche video di gameplay o sul lifestyle come sottofondo, anche se non mi concentro completamente sul contenuto.
E voi? Come sfruttate il vostro “momento di silenzio”?
O siete di quelle persone che preferiscono avere sempre un “rumore di sottofondo” ad accompagnare le proprie attività?
Oppure, come me, andate a periodi?
Ovviamente non c’è una risposta o un metodo giusto: ripeto, anche io a volte non sopporto il silenzio, mentre altre volte ne sento proprio la necessità.
Forse dipende da quale momento stiamo vivendo: le nostre necessità cambiamo di anno in anno, di mese in mese, spesso senza che neanche ce ne rendiamo conto.
Ma l’importante è riconoscere e accettare il cambiamento, e cercare di fare ciò che è meglio per noi. Love yourself, always.
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