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Essere donna in Thailandia e voler diventare monaco

Donne monache, con vesti viola scuro, in meditazione sedute su dei ceppi d'albero tagliati
Photo by truthseeker08 | Pixabay

Nella maggior parte delle religioni, il rapporto tra la religione stessa e le donne è molto complicato. Anche il buddismo non è un’eccezione, basti pensare a tutte le differenze di approccio tra un uomo e un monaco e una donna e un monaco (approfondisci qui), e una questione delicata riguarda proprio le monache donne. Ammetto che spesso, quando sento tanti occidentali elogiare il buddismo, mi domando quanto effettivamente conoscano il buddismo e i suoi precetti.

Purtroppo, come in tutte le cose a questo mondo, anche questa religione presenta luci e ombre. Ogni cosa su questa terra ha diverse sfaccettature, ed è bene, se vi interessa davvero qualcosa, cercare di saperne di più, e prendere ciò che di positivo quella cosa può darci. L’argomento di cui voglio parlar oggi, mi rendo conto essere molto delicato, e specifico del contesto buddista thailandese.

Come ho già specificato diverse volte in altri post sul buddismo, ma non mi stancherò mai di ripeterlo, non c’è un solo tipo di buddismo, e quello di cui io parlo si riferisce al buddismo più vicino a me, cioè quello presente in Thailandia e praticato dalla maggior parte di gente che conosco.

Anche in Thailandia in realtà ci sono diverse scuole di pensiero buddista, ma da quanto so, il buddismo “ufficiale” ha un suo Patriarca che viene riconosciuto da tutti i thailandesi come a capo dell’ordine dei monaci buddisti thailandesi.

Per fare un paragone, potremmo paragonare il Patriarca alla figura del Papa per la religione cattolica. Questo monaco viene scelto dal Re di Thailandia, e confermato dal Primo Ministro thailandese.

primo piano di una donna monaca intenta a pregare, che indossa vesti marroni e ha capelli e sopracciglia rasati
Photo by truthseeker08 | Pixabay

Mae Chee o Maechi, le “monache donne”

Quando si parla di monaci buddisti thailandesi, spesso si pensa immediatamente a uomini rasati a zero, senza sopracciglia e vestiti di una semplice veste arancione.

In parallelo però esiste anche un’altra realtà: quella delle donne monache. Al contrario dei maschi, le donne indossano vesti bianche, ma anch’esse si radono i capelli e le sopracciglia, e fanno voto di castità, consacrando la loro vita alla spiritualità e alla meditazione.

Queste monache vengono chiamate “Mae Chee” ( แม่ชี ; da leggersi “Me-e Ci-i”) e solitamente non si trovano all’interno del tempio, ma in monasteri e comunità apposite in cui sono presenti solo Mae Chee.

Come per gli uomini, anche per le donne è possibile prendere i voti temporaneamente; in questo caso è possibile non tagliarsi né capelli né sopracciglia, e queste monache prendono il nome di Chee Phram ( ชีพราหมณ์ ) (da leggersi “Chi-i Pram”).

primo piano di donna monaco con veste bianca, capelli e sopracciglia rasate, con un grande albero sfocato sullo sfondo
Photo by adaybulletin.com

Differenze tra monaci uomini e monache donne

In realtà però le Mae Chee non sono considerate allo stesso livello dei monaci, e neppure il governo attualmente ha riconosciuto le Mae Chee come un ordine monastico, negando loro tutti i diritti che vengono invece garantiti ai monaci uomini.

A volte anche agli occhi della comunità le monache donne non sono viste di buon occhio. Secondo la credenza popolare fare Tambun con una Mae Chee porta infatti meno meriti che a fare Tambun con un monaco.

Inoltre, ci sono persone che pensano che le Mae Chee scelgano di diventare monache per scappare da problemi personali e familiari. Oppure come scelta alternativa allo restare zitella, ma che permetterebbe loro di “salvare la faccia” dicendo che lo fanno per fede.

Lo so, si tratta di pensieri pesanti da digerire, e molto antifemministi. D’altro canto, c’è anche chi la pensa così per i monaci. In alcuni casi può capitare che la gente pensi che uno si faccia monaco per evitare di dover andare a lavorare e occuparsi della famiglia.

Anche in questo caso la scelta di diventare monaco sarebbe fatta più per un proprio tornaconto, che per convinzione e fede nei precetti insegnati di Buddha.

Come dico spesso, chi vuol pensare male lo farà comunque, indipendentemente da chi si trova davanti. In fondo anche Gesù e Buddha avevano nemici, nonostante siano considerati due delle persone più pacifiche della storia.

Tornando a noi, i monaci vengono comunque visti di buon occhio, o meglio, come mi è capitato di sentir dire qui

io non porto rispetto al monaco come persona, ma alle sue vesti, e a ciò che esse rappresentano

Detto thailandese

Spiegato in parole semplici, le vesti arancioni rappresentano Buddha e il suo messaggio, portare rispetto ad un monaco non significa necessariamente rispettare quel monaco in quanto persona singola, ma in quanto ha scelto di seguire la via indicata da Buddha.

due bambini vestiti da monaci, con vesti viola, rasati, intenti a studiare le scritture buddiste
Photo by truthseeker08 | Pixabay

Comunità di Mae Chee

Le Mae Chee solitamente preferiscono riunirsi in comunità indipendenti che possono essere associate con un tempio locale.

Non avendo fondi economici governativi, queste comunità sopravvivono grazie alle offerte fatte dai fedeli e dalle famiglie delle Mae Chee. Può capitare infatti che chi vuole farsi Mae Chee deve anche dimostrare di avere delle capacità economiche per aiutare la comunità.

Insomma, può capitare che le aspiranti Mae Chee debbano avere una pensione o dei risparmi per contribuire alle casse della comunità. In alternativa, possono dimostrare di ricevere aiuti economici da parte della famiglia per poter essere ammesse nella comunità.

Ma nonostante questa piccola nota, che non è richiesta in tutte le comunità, le Mae Chee delle comunità spesso vivono meglio rispetto a quelle che vivono nei templi.

Nei templi in cui sono presenti sia monaci sia Mae Chee, i due gruppi devono stare in due aree ben distinte. Ma purtroppo può capitare che le Mae Chee dei monasteri vengano relegate a compiti simili a quelle delle perpetue al servizio dei sacerdoti.

vista di spalle di una donna monaca in un giardino, che si dirige verso un'aiuola di felci
Photo by adaybulletin.com

Le indicazioni ufficiali dal Patriarca sulle donne monache

Nel 1969 il Patriarca thailandese organizzò un incontro nazionale delle Mae Chee, in cui venne riconosciuta la stabilità dell’ordine. In questo incontro però fu confermato che le comunità Mae Chee non potessero ricevere fondi governativi per finanziare le proprie attività.

Nonostante questo dettaglio, questo incontro fu di particolare importanza, perché prima di allora, fin dal 1928, il Patriarca aveva rifiutato di ordinare due donne che avevano fatto richiesta di diventare monache.

Alla richiesta, il Patriarca rispose fermamente che dai testi sacri buddisti non risultava che Buddha avesse mai permesso l’ordinazione di donne. E questa posizione fu confermata dal Senato thailandese che approvò una legge laica che vietava alle donne di venire ordinate pienamente.

( NOTA. per diventare monaci è necessario prima diventare novizi, per poi ricevere l’ordinazione completa e indossare gli abiti arancioni da monaci. )

Tenendo questo fatto a mente, si può quindi capire perché l’incontro del 1969 segnò un punto importante per le donne buddiste. Il riconoscimento della stabilità dell’ordine delle Mae Chee garantì una via legittima a tutte le donne che volevano vivere all’insegna della spiritualità. Inoltre l’incontro aiutò la popolazione a conoscere meglio le Mae Chee, riducendo i pregiudizi su di esse.

Nel 1984 e 1987 però il Concilio buddista thailandese emanò altre due leggi che impedivano l’ordinazione completa delle donne. Si può quindi dire che, per la religione ufficiale, le Mae Chee si trovano in un limbo tra lo stadio di novizio e lo stadio di monaco.


primo piano di Dhammananda Bhikkhuni, la prima donna monaco della storia thailandese
Photo by thaibhikkhunis.com

Dhammananda Bhikkhuni: la prima donna monaco della storia thailandese

Ma se in Thailandia l’ordinazione delle donne allo stato di monaci era da sempre stata ostacolata, non si può dire lo stesso dello Sri Lanka.

Il termine Sanscrito per definire i monaci buddisti uomini è Bhikkhu, mentre per le donne che prendono i voti il termine è Bhikkhuni.

Bhikkhuni e Mae Chee non sono sinonimi: come abbiamo visto, le Mae Chee non sono riconosciute ufficialmente come un ordine religioso, mentre le Bhikkhuni sono in tutto e per tutto considerate allo stesso livello dei Bhikkhu – per questo motivo ho tradotto Mae Chee come “donne monache” mentre ho preferito il termine “donna monaco” per la parola Bhikkhuni (si tratta di una scelta di traduzione personale, per aiutare a non confondere i due gruppi).

La prima donna monaco della storia thailandese dell’ordine Theravada è Dhammananda Bhikkhuni, il cui nome prima dell’ordinazione era Chatsumarn Kabilsingh, una professoressa di filosofia e religione all’Università Thammasat di Bangkok, in cui ha insegnato per 27 annil.

Sua madre Voramai, conosciuta anche come Ta Tao Fa Tzu, si fece ordinare monaco nel 1971 a Taiwan. Una volta diventata una Bhikkuni del filone buddista Dharmaguptaka, trasformò la casa di famiglia in un monastero, a cui dedicò la sua vita. Cronologicamente parlando è la madre di Dhammananda Bhikkhuni ad esser stata la prima donna monaca; ma qui è necessario fare una piccola nota.

Come Dhammananda Bhikkhuni si fece ordinare monaco

La corrente buddista in cui Voramai si fece monaca è il Dharmaguptaka, e non è la stessa a cui fa riferimento il buddismo ufficiale thailandese, che è il Theravada.

Chatsumarn Kabilsingh aveva vissuto una vita normale: si era sposata, aveva avuto 3 figli e faceva un lavoro che la appassionava. Se andiamo a vedere la sua biografia, scopriremo che ha pubblicato diversi libri riguardanti il buddismo in Asia.

Fu nel 2000 che Chatsumarn Kabilsingh decise di dare una svolta alla sua vita: chiese il pre-pensionamento, e si recò in Sri Lanka, dove nel 2001 diventò una novizia, per poi diventare monaco a tutti gli effetti nel 2003, secondo la corrente buddistta Theravada, e prendendo il nome di Dhammananda.

Una volta tornata in Thailandia, il Patriarca e il Concilio non vollero riconoscere l’ordinazione di Dhammananda Bhikkhuni. Poiché la donna era stata ordinata all’estero, affermarono che non faceva parte della loro comunità buddista.


Essere donna in Thailandia e voler diventare monaco
Photo by thaibhikkhunis.com

Il tempio e monastero di Songdhammakalyani

Non ho scelto di diventare monaco perché volevo che le persone mi riconoscessero. […] L’ho fatto perché voglio portare avanti l’eredità di Buddha. Sto cercando di far rivivere i quattro pilastri del buddismo – bhikkus, bhikkhuni, laici e laiche – che sosterranno la religione nel futuro. Non mi importa se alcune persone riservano opinioni diverse sulle bhikkhuni. Sarà il pubblico a giudicare il nostro valore.

Dhammananda Bhikkhuni

I do not choose to be ordained because I want people to recognise me. […] I did it because I want to carry on the heritage of the Lord Buddha. I am trying to revive the four pillars of Buddhism—bhikkus, bhikkhunis, laymen and laywomen—that will sustain the religion into the future. I don’t mind if some people reserve different opinions about bhikkhunis. The public will be the ones to judge our worth.

Dhammananda Bhikkhuni

Con queste parole in mente, Dhammananda Bhikkhuni tornò al monastero fondato dalla madre a Nakhon Pathom, e ne divenne la badessa. Fino ad oggi questo è l’unico tempio in Thailandia in cui sono presenti altre Bhikkhuni, e il nome del tempio Songdhammakalyani infatti significa “il tempio delle donne che sostengono il Dhamma“.

Il tempio però non è riconosciuto né dal Patriarca né dal Concilio, tanto che ci fu un piccolo incidente durante i funerali per re Bhumibol (Rama IX).

Le monache del tempio e le novizie che si erano recate per porgere i propri omaggi al defunto re, furono fermate all’ingresso del palazzo reale.

Gli ufficiali impedirono loro di entrare, affermando che era illegale per le donne indossare le vesti dei monaci; se però si fossero cambiate d’abito e indossato dei vestiti neri, come delle persone laiche qualunque, avrebbero potuto accedere.

Le 22 Bhikkhuni e novizie decisero quindi di rinunciare, non per mancanza di rispetto al re, ma piuttosto per rispetto per la propria scelta di vita.

Essere donna in Thailandia e voler diventare monaco
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Approfondimenti sulle donne monache

Ora che abbiamo approfondito un po’ meglio la loro possibilità delle donne di diventare monache in Thailandia, vorrei invitarvi a un paio di riflessioni.

L’inizio un po’ provocatorio del post non vuole allontanare chi vuole saperne di più sul buddismo, bensì vuole ricordarvi che ci sono diverse sfaccettature per ogni cosa che c’è su questa terra.

La posizione della religione ufficiale thailandese nei confronti delle donne può non piacere, ma ciò non deve portare a dubitare del buddismo nella sua completezza. Gli insegnamenti di Buddha possono davvero migliorare la vita, dipende tutto da come si decide di porsi davanti a quei ragionamenti.

Chi volesse approfondire l’argomento sulle bhikkhuni, consiglio di dare un’occhiata al sito ufficiale di Dhammananda Bhikkhuni e a questo interessante TedTalk di Dhammananda Bhikkhuni in cui si parla delle proprie radici, dai nostri genitori ai quattro elementi di cui siamo composti, e che ci accomunano tutti quanti.

(il video è in inglese, ma non è un inglese aulico, e Dhammananda Bhikkhuni parla abbastanza lentamente da poterla seguire anche senza sottotitoli).

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