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Il Tak Baat: un’usanza buddista thailandese

Il Tak Baat: un'usanza buddista thailandese
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I thailandesi nelle festività spesso decidono di fare Tambun, ovvero “fare buone azioni per costruirsi un buon Karma” (ve ne ho parlato nel sesto episodio del Podcast che potete recuperare anche QUI). Che sia per celebrare una festa buddista o per festeggiare il proprio compleanno, molto spesso i thai scelgono di fare “Tak Baat” (ตักบาตร).

Prepararsi per il Tak Baat

Il rito del Tak Baat consiste nell’offrire del cibo ai monaci durante la loro questua mattutina. Non ci sono regole vere e proprie su cosa preparare; di base è sufficiente cuocere del semplice riso in bianco ma è anche possibile preparare del Pad Pak (verdure saltate in padella) o piatti a base di Curry, della frutta, oppure offrire delle bottigliette di latte o yogurt da bere o cibo in scatola, come sardine o altri piatti pronti da mangiare.

È anche possibile preparare cose necessarie alla vita nel tempio, come detersivi, spazzolini, dentifrici, cerotti, spugne per lavare i piatti, candele, rasoi e lamette.

Il Tak Baat: un'usanza buddista thailandese
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La questua mattutina

Ogni mattina i monaci dei tempi buddisti si svegliano prima del sorgere del sole per incamminarsi lungo le strade che circondano l’area del tempio, dividendosi in piccoli gruppi di 2 o 3 monaci.

Per capire il momento in cui uscire, i monaci si guardano il palmo della mano: se riescono a distinguerlo, sanno che è abbastanza chiaro per cominciare ad incamminarsi, anche se il sole non è ancora sorto – indicativamente si potrebbe dire che i monaci escano verso le 5.00 del mattino, per poi tornare al tempio verso le 6.00-6.30, a seconda del giro che fanno.

Sebbene ad inizio post abbia detto che la pratica del Tak Baat venga spesso fatta per occasioni speciali, in realtà le vecchie generazioni si preoccupano di preparare tutto ciò che è necessario per il Tak Baat quotidianamente, per essere sicuri di non far mai mancare cibo ai monaci del tempio.

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Regole del tempio

Secondo le regole buddiste infatti i monaci possono mangiare solo ciò che è stato donato loro in offerta, non potendo dunque andare ad ordinare del cibo né cucinarlo da sé.

Per questo motivo oggigiorno è consigliato offrire anche cibo in scatola, per i giorni in cui ci siano poche persone a fare Tak Baat o ci siano poche offerte alimentari da consumare.

Da questo punto di vista, si può dire che la vita dei monaci dipenda davvero dalle offerte e dal buon cuore dei fedeli: se nessuno offrirà nulla da mangiare, i monaci si ritroveranno a dover digiunare, accettando la cosa come spunto di meditazione ulteriore.

Nel buddismo infatti i monaci sono chiamati a fare da guide spirituali e a dedicare la propria vita alla meditazione; ciò comporta anche uno studio più approfondito sulla natura umana, ed in particolare alla percezione dei due aspetti, Corpo Fisico e Corpo Spirituale, come due cose ben distinte.

Se è vero che il corpo è solo un qualcosa di temporaneo, non bisogna concentrarsi su di esso, bensì limitarsi a soddisfare i bisogni primari per poi concentrare le proprie energie nella meditazione.

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Buddha e il vegetarianesimo

È proprio sulla base di questo pensiero che nasce un’altra regola implicita dei monaci: non poter scegliere cosa mangiare. Un monaco non mangia per il piacere di mangiare, ma solo per dare al proprio corpo le energie necessarie per continuare a vivere.

Ciò significa che, a meno che non ci siano allergie, un monaco non può rifiutare di mangiare qualcosa che gli viene offerto; per questo motivo i buddisti non sono vegetariani. Essere vegetariani è una scelta personale che però non va ad intaccare la morale buddista.

Anzi, Siddharta stesso disse che non è necessario essere vegetariani per essere buddisti; il cugino del Buddha Siddharta, Devadatta, un giorno proclamò, tra le altre cose, che i monaci avrebbero dovuto astenersi dal consumare ogni tipo di carne.

Siddharta non accettò né negò quell’affermazione, limitandosi a dire che i monaci avrebbero potuto scegliere a discrezione se seguire quell’indicazione o meno. Quel giorno il Sangha, ovvero l’ordine di monaci fondato da Buddha, si divise, e 500 monaci seguirono Devadatta, allontanandosi temporaneamente da Buddha.

Buddha non si definisce né vegetariano né carnivoro; possiamo affermare con certezza che Egli non avrebbe mai ucciso né spinto nessun monaco a uccidere per cibarsi, ma allo stesso tempo Siddharta non avrebbe mai neanche rifiutato alcun cibo offertogli.

E se qualcuno gli si avvicinava e gli offriva del maiale arrosto, ritenendolo un piatto speciale, perché difficilmente le classi più povere avevano accesso alla carne, e perché così facendo volevano dimostrare il proprio rispetto verso il Buddha, Egli si limitava ad accettare, permettendo così a quella persona di fare Tambun.

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Si può essere buddisti anche se non si è vegetariani

Il concetto di “essere buddisti non significa essere vegetariani” viene spiegato anche nel libro “I and Mine” del monaco Buddhadasa Bhikkhu. Il monaco sottolinea quanto sia nocivo il comportamento dei buddisti vegetariani che puntano il dito contro i buddisti che mangiano carne, come a voler sottintendere di essere migliori degli altri solo per la loro scelta alimentare.

Non fraintendete queste parole: il buddismo non ha nulla contro i vegetariani. Se uno sceglie di non voler mangiare carne, lo può fare come scelta personale, ma ciò non lo rende più o meno buddista di chi invece mangia anche carne.

Il punto del buddismo non è mangiare o non mangiare carne, il concetto sulla quale si basano tutte le riflessioni di Buddha sono molto più profonde di una scelta alimentare, e aggrapparsi con tutte le forze alla scelta vegetariana può portare molti a distogliere il pensiero da ciò che è veramente importante, ovvero il Dhamma.

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Come si fa il Tak Baat

Durante la questua mattutina i monaci hanno con sé il Baat, ovvero un contenitore con coperchio che indossano come fosse una borsa a tracolla, al cui interno si conserva il riso cotto. Solitamente hanno anche una borsa dove poter mettere tutto ciò che non è riso.

Più spesso, i monaci sono accompagnati da un aiutante con borsa, i cosiddetti “Dek Wat”, ovvero i “bambini del tempio” (che però, nonostante il termine “bambini” possono essere anche adulti, il cui compito è quello di tenere le offerte per far sì che non vadano a pesare troppo sulle spalle dei monaci più anziani.

Per fare il Tak Baat è possibile aspettare che i monaci passino davanti casa, oppure recarsi al tempio per fare le proprie offerte una volta che i monaci tornano al tempio dopo la questua.

Normalmente, se si aspettano i monaci per strada ci si limita ad offrire riso in bianco, altri cibi pronti da mangiare, come curry, maiale o pollo fritto, verdure saltate in padella, frutta, e bottigliette di acqua, di latte o di yogurt da bere.

Quando si vedono i monaci arrivare, solitamente ci si toglie le scarpe, in modo da poter fare le proprie offerte da scalzi.

Una volta che i monaci si avvicineranno, li vedrete aprire il coperchio del Baat. Il riso in bianco quindi va messo dentro il Baat, solitamente una o due cucchiaiate di riso per monaco.

Se si è preparato anche altro cibo, questo andrà diviso in sacchetti di plastica che verranno appoggiati sul coperchio del Baat, e che l’aiutante si occuperà di riporre nella borsa. Stessa cosa per bottigliette o cartoncini di latte o yogurt da bere.

Una volta finite le offerte, solitamente ci si inginocchia per terra (magari mettendo le ginocchia sulle proprie scarpe, per evitare di doversi inginocchiare direttamente sull’asfalto) oppure ci si può limitare ad abbassare il capo e congiungere le mani al petto con il segno del Wai, e ricevere le benedizioni dei monaci.

Se ci si reca al tempio, oltre a queste offerte, è possibile preparare dei vassoi con tutte le altre offerte, come i cibi in scatola e le cose non-da-mangiare, e anche mettere nei piatti i vari curry e altre pietanze da consumare con il riso, in modo che i monaci possano consumare il loro pasto immediatamente.

Questi vassoi verranno poi offerti ai monaci simbolicamente, con gli Dek Wat che aiuteranno a portarli nel luogo in cui i monaci consumeranno l’unico pasto della loro giornata.

Dopo aver ricevuto tutte le offerte, si riceverà la benedizione dei monaci, e si potrà dire di aver concluso il “rito”, e si può tornare a casa o recarsi al lavoro.

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Il “problema” del Tak Baat

Il Tak Baat è una cosa che avviene quotidianamente al tempio, poiché tutte le offerte alimentari che verranno date ai monaci contribuiranno all’unico pasto della loro giornata. Ciò significa che, una volta tornati al tempio, tutti i monaci raduneranno tutte le offerte e le ridistribuiranno a tutti i monaci, in modo che tutti possano mangiare la stessa quantità di cibo.

Se nella quotidianità attualmente sono le vecchie generazioni a occuparsi del Tak Baat, è anche vero che per alcune ricorrenze come Capodanno, il Songkran e altre importanti festività buddiste come il Makha Bucha, il numero di fedeli che si reca al tempio preparando piatti prelibati aumenta, causando un ingente numero di cibo che rischia di andare a male.

Spesso chi ha difficoltà economica si può recare al tempio per chiedere un piatto di riso, e i monaci non disdegnano neanche dare da mangiare ai tanti cani e gatti randagi o presenti al tempio (capita spesso che qualcuno che non voglia più tenere un animale domestico lo abbandoni al tempio, sapendo che lì verrà comunque guardato dai monaci che si occuperanno di soddisfare i suoi bisogni primari. Non è una pratica simpatica, ma sicuramente meglio che abbandonarli in strada o nelle foreste).

Anche nelle ricorrenze in cui si ricordano i defunti accade che al tempio possa venire offerto più cibo di quanto i monaci possano consumare: solitamente per la ricorrenza della morte di un defunto, la famiglia tende a preparare i piatti preferiti dalla persona che li ha lasciati, e può capitare spesso di vedere piatti di pollo fritto, anatra arrosto e zamponi di maiale e altri piatti fritti o con molti grassi.

Non è un caso che negli ultimi anni i thailandesi abbiano cominciato a fare un po’ più di attenzione a ciò che offrono al tempio: il numero di monaci affetti da diabete, colesterolo alto e altre malattie legate al consumo di cibi non proprio salutari è aumentato, portando molte persone a domandarsi come trovare un punto d’incontro tra il voler fare Tambun, portando piatti deliziosi al tempio, e non mettere in pericolo la salute dei monaci.

Anche perché poi ci sono alcuni periodi dell’anno, come ad esempio il periodo delle piogge in cui durante il Phansa i monaci non escono dal tempio, le offerte alimentarsi scarseggiano – ed è proprio in questo periodo che ritornano utili i cibi in scatola, preparati dalle donne e dagli uomini che aiutano nel tempio.

A questo problema recente ancora non è stata trovata una soluzione definitiva, ma personalmente trovo molto interessante vedere il buddismo evolversi a seconda delle circostanze, cercando sì di mantenere vive le tradizioni e i riti, ma senza dimenticare anche di fare delle modifiche se necessario, in questo caso cercando di aiutare i monaci a rimanere in salute evitando di portare cibi troppo grassi, o menù a base di pietanze fritte.

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