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Podcast sulla Thailandia, episodio 20 – Kam Lang Jai – กำลังใจ

ragazza con tazza di tè in mano e titolo del podcast

MyFedesign Chiacchiere e Tea – un Podcast sulla Thailandia

Oggi vedremo insieme il termine Kam Lang Jai ( กำลังใจ ) che ci darà da riflettere sull’importanza di offrire il giusto supporto morale a chi ne ha bisogno, ma anche di saper chiedere aiuto se ci troviamo in difficoltà.

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Buon ascolto (o buona lettura)!


Benvenuti sul podcast sullla Thailandia di MyFedesign. Io sono Fede, e sono qui per farvi un po’ di compagnia mentre sorseggio una buona tazza di tè caldo.

Se volete potete fare pausa con me, oppure potete tenermi in sottofondo mentre fate qualche attività noiosa, come allenarvi, lavare i piatti o pulire la casa.

In questa serie vi parlerò di alcune frasi e parole thailandesi particolari, perché non hanno una traduzione immediata, oppure perché non hanno un corrispettivo italiano, o ancora perché nascondono una curiosità riguardante la cultura thailandese.

Se vi interessano questi argomenti, sappiate che potete trovare altri post interessanti sul blog myfedesign.com, mentre se volete approfondire la lingua thailandese vi consiglio di passare sul nostro canale YouTube.

Ma ora, passiamo subito all’argomento di oggi.

La frase di oggi e il tè del giorno: il Pu-erh

Il termine di oggi è Kam Lang Jai, che viene tradotto come “motivazione”, o “incoraggiamento”, ma che io tradurrei più come “supporto morale”.

Prima di arrivare a parlare del significato di questa parola, vorrei parlarvi di un tè molto raffinato e pregiato.

Si tratta del tè Pu-erh (che si può scrivere anche come Pu’er) un tè postfermentato dalle origini cinesi.

Il Pu-erh è considerata una tipologia di tè a sé stante, come il tè verde o il tè nero, ed è ottenuto da una varietà di Camellia Sinensis che viene coltivata nel sud est della Cina.

Le foglie di tè vengono poi portate nella regione dello Yunnan, luogo dove avvenivano gli scambi di tè.

Per ottenere questo tè sono necessari molti passaggi: in primo luogo, le foglie devono essere lasciate appassire al sole; successivamente vengono lavate, lasciate ad asciugare, per evitare l’ossidazione, e poi la lavorazione continua con pressatura, nuovamente l’essiccazione e poi maturazione.

Si tratta dell’unica varietà di tè che migliora con l’invecchiamento; il suo sapore è caratterizzato da un retrogusto di legno, che sa di terra e sottobosco.

Il tè Pu-erh si presenta con delle forme particolari, dovute al processo di pressatura: possono avere la forma di mattonella, di un disco oppure anche di piccole capsule.

La sua preparazione segue delle fasi molto precise: per questo il Pu-erh è considerato un tè da gustare prestando attenzione a ciò che si fa. Si beve solitamente nelle classiche tazzine da tè cinesi, piccole e senza manici, quelle adatte per contenere poco più di un sorso di tè.

Per la preparazione, sono necessari due strumenti: una teiera in porcellana o ceramica e delle classiche tazzine da tè cinesi anch’esse in porcellana o in ceramica.

Come prima fase è necessario scaldare la teiera e le tazzine con dell’acqua bollente.

Ho scoperto che esistono anche degli speciali vassoi da usare per scaldare gli utensili senza sporcare dappertutto.

Si tratta di vassoi costituiti da due livelli: la teiera e le tazzine si appoggiano sul livello superiore, dopodiché si versa l’acqua bollente su di esse per scaldarle. L’acqua scenderà al piano inferiore tramite dei fori presenti sul fondo del primo livello.

Dopo aver scaldato teiera e tazzine, è tempo di prendere in mano le foglie di tè, e posizionarle all’interno della teiera scaldata per circa 30 secondi, assicurandosi di chiudere il coperchio.

E già dopo pochi secondi, comincerete già a sentire sprigionarsi dalla teiera il profumo del tè.

Ora possiamo passare alla prima infusione, che dovrebbe avvenire con acqua a temperatura compresa tra 90 e 100 gradi. L’acqua viene versata sulle foglie presenti nella teiera, lasciate il tutto in infusione per circa 30-40 secondi, e poi versate il tè nelle tazzine.

Solitamente questa prima infusione viene buttata via, perché è servita solo a “risvegliare” le foglie di tè.

La seconda infusione è quella che si può gustare a pieno; il Pu-erh può essere bevuto senza aggiungere nulla. È possibile fare fino a 8 infusioni con le stesse foglie, sempre seguendo le stesse modalità di infusione. Quindi versando l’acqua sulle foglie presenti nella teiera, lasciare il tutto in infusione per soli 30-40 secondi, e versare poi il tè nelle tazzine.

Insomma, non si tratta semplicemente di bere del tè, ma di vivere un’esperienza unica e lenta, che ci costringe a prenderci del tempo per gustare il sapore di questo tè particolare.

Il significato di Kam Lang Jai

Il termine Kam Lang Jai ( กำลังใจ ) può essere utilizzato sia con il verbo avere “Hai” ( ให้ ) sia con il verbo essere “Pen” ( เป็น ).

Si può quindi dire sia “Hai Kam Lang Jai” ( ให้กำลังใจ ) sia “Pen Kam Lang Jai Hai” ( เป็นกำลังใจให้ ).

Sono due sfumature differenti, personalmente le tradurrei rispettivamente “Hai Kam Lang Jai” ( ให้กำลังใจ ) come “dare supporto morale”, mentre “Pen Kam Lang Jai Hai” ( เป็นกำลังใจให้ ) come “essere di supporto morale”.

Per questo motivo può essere collegato al termine “Su Su” già visto nella puntata 11 del podcast; ed in effetti possono essere usati spesso insieme quando si vuole incoraggiare qualcuno.

L’importanza del giusto supporto morale

Avere il supporto morale da parte delle persone che appartengono alla nostra cerchia di amicizie, o da parte dei nostri familiari, può essere molto più importante di quanto si pensi.

Questo concetto è più chiaro se parliamo di bambini: con i bimbi molto piccoli si ha la tendenza di ripetere spesso “sei stato bravo!” o battere le mani quando fanno alcune cose semplici, come ad esempio mangiare una cucchiaiata di omogeneizzato.

Il motivo di queste frasi è semplice: si vuole non solo premiare il bambino per aver fatto qualcosa di “buono” o “giusto”, ma anche alimentare la sua autostima e fiducia in sé.

La necessità di sentirsi incoraggiati è quindi qualcosa che tutti proviamo nel profondo, e che ci può aiutare a spronare noi stessi a credere nelle nostre scelte.

Tre tipologie di dinamiche di supporto

Secondo diversi studi del ricercatore Bolger del dipartimento di psicologia della Columbia University, è possibile identificare tre differenti dinamiche di approccio nei confronti di un individuo che cerca del supporto.

Le prime due categorie possono venir considerate negative; si tratta delle persone che istruiscono e delle persone che ostacolano.

Le persone che istruiscono sono coloro che pretendono di insegnarci come affrontare una situazione e che si aspettano che ci comporteremo esattamente come ci hanno consigliato.

Le persone che ostacolano invece sono coloro che riescono sempre a insinuare dei dubbi sulle nostre scelte e decisioni, come a voler intendere che siamo nel torto.

Si tratta di comportamenti in cui tutti possiamo cadere, più o meno inconsapevolmente, e che possono influenzare la decisione dei nostri amici di confidarsi o meno con noi per chiedere un consiglio o semplicemente per raccontarci una situazione.

In realtà, in determinati contesti, a seconda delle parole utilizzate e da come esse vengono recepite, questi due comportamenti non sono necessariamente negativi.

Forse sarebbe meglio parlare di “supporto visibile”, ovvero comportamenti facilmente interpretabili come “aiuto” nei confronti di una determinata persona.

Ma questo non è l’unico modo di incoraggiare qualcuno: esiste anche un supporto invisibile, che viene riconosciuto dal ricercatore Bolger nella categoria di “persone che aiutano”.

Si tratta di un aiuto “invisibile”, ovvero che non viene percepito tale da chi riceve il supporto.

Ecco un esempio efficace che può aiutare a capire meglio la differenza tra supporto visibile e supporto invisibile:

“secondo me dovresti provare a fare così. Vedrai che si risolverà tutto!”

“mia sorella ha passato una cosa simile e ha fatto così, e ora le cose si sono risolte”

La prima frase è un esempio di un supporto attivo, in cui il soggetto è la persona che si vuole aiutare.

La seconda frase invece è un esempio di un supporto invisibile, in cui si fornisce al nostro interlocutore un esempio, in questo caso la sorella, e si lascia libera interpretazione all’interlocutore di valutare se provare ad agire come lei, oppure se provare in un altro modo.

A seconda della propria sensibilità e carattere, si può preferire l’uno o l’altro approccio; in alcuni casi, la prima frase può essere percepita come “aggressiva”, come se l’altra persona ci stesse ordinando di affrontare una situazione in un determinato modo.

Alcune persone però potrebbero preferire questo approccio diretto, riuscendo a capire che questo è semplicemente un consiglio basato su come il proprio amico, o la propria amica, agirebbe nella nostra situazione.

Ci sono poi persone che invece preferiscono un approccio indiretto, e che utilizzano esempi di situazioni vissute da altre persone per cercare la soluzione migliore per loro.

Non c’è un approccio giusto o sbagliato: può dipendere da situazione a situazione, e da persona a persona.

Il saper chiedere aiuto

Ma torniamo al nostro “Kam Lang Jai”. Questa frase viene spesso usata per mostrare il proprio supporto morale a qualcuno, e personalmente l’ho sempre interpretata come un

“sono qui a fare il tifo per te. Se hai bisogno di qualcosa, fammi sapere”

Anche in questo caso, come nel già visto “Su Su“, non si sta agendo al posto dell’altra persona, ma gli stiamo dimostrando fiducia nelle sue capacità decisionali, oltre che a incoraggiarla.

“Ti dò il mio supporto” nasconde anche un altro significato: “se hai bisogno, non esitare a chiedere”.

Una delle cose che può essere più difficile fare quando ci si trova in difficoltà, è proprio chiedere aiuto.

Uno dei motivi per cui i supporti diretti possono non essere apprezzati, è perché quando li si riceve ci si sente in difetto; se quella persona mi ha detto cosa fare, è perché pensa che io non sia in grado di prendere una decisione giusta.

Secondo la ricerca di Bolger invece, il supporto indiretto è difficilmente scambiato come un aiuto; questo perché non si sta mettendo in dubbio le capacità dell’altra persona, anzi, gli si sta dando ulteriori informazioni per poter prendere autonomamente la propria decisione.

La soluzione, in questo caso, non gliel’abbiamo fornita noi, bensì questa persona ci è arrivata da sola – magari anche in seguito all’esempio che gli abbiamo fornito, però l’ultima parola l’ha avuta lei, o lui.

Il termine “Kam Lang Jai” è il “sei stato bravo!” o il “ce la puoi fare!” che si usano con i bambini piccoli. Perché anche gli adulti hanno bisogno di supporto morale di tanto in tanto, per mantenere alti la propria autostima e la sicurezza in sé.

E trovo particolare che esista un termine del genere in thailandese, soprattutto visto che viene utilizzato molto spesso in svariate occasioni.

In questo caso, con la frase “Hai Kam Lang Jai”, non stiamo dando nessun consiglio all’altra persona, e manteniamo l’attenzione su di lui, o su di lei.

Dicendo che stiamo fornendo del supporto morale, permettiamo all’altra persona di decidere se chiederci aiuto o meno, e potremmo capire più facilmente come comportarci senza rischiare di risultare invasivi.

Non tutte le persone necessitano dello stesso tipo di supporto, ed è importante non confondere come vorremmo essere trattati noi con come vorrebbero essere trattati gli altri.

Insomma, se non si sa cosa dire o cosa fare per incoraggiare un amico in difficoltà, si può semplicemente dire “Pen Kam Lang Jai Hai Na”!

La storia del giorno

La storia di oggi è molto breve, e credo di averla sentita per la prima volta tra le mura dell’oratorio di Villar Perosa.

Si tratta di un racconto molto corto, e per questo motivo adatterò un po’ la storia al nostro piccolo Corradino, in modo da dargli un contesto un po’ più narrativo.

C’era una volta, in una casetta che ormai abbiamo imparato a conoscere, il piccolo Corradino seduto con il suo cane Max nel giardino di casa.

Corradino stava osservando serio davanti a sé, e pensava, e pensava.

Tra qualche ora sarebbero venuti a giocare i suoi amici, e il papà lo aveva aiutato a montare le due porte di calcio per permettere a Corrado e ai suoi amici di giocare tranquilli in giardino.

Ma lì, proprio all’angolo tra la fine del giardino e l’inizio del vialetto, poco più in là della piccola porta da calcetto, c’era un bel vaso, che la mamma aveva messo lì come decorazione.

Corradino era preoccupato che potessero colpire il vaso con la palla mentre giocavano, e visto che non voleva rompere il vaso della mamma, stava pensando come fare per salvarlo.

La cosa più facile era spostarlo da lì. Così si avvicinò e cercò di tirarlo su, ma niente da fare: il vaso era troppo pesante.

Allora pensò di trascinarlo via, senza sollevarlo, e si mise dietro il vaso per spingerlo. Corrado puntò i piedi, e concentrò tutta la sua forza nelle braccia, e cominciò a spingere: ma il vaso sembrava incollato al terreno.

Sbuffando, Corradino cominciò a girare intorno al vaso, mentre il papà, tornato dal garage con il pallone, lo osservava curioso.

Ora Corrado era davanti al vaso e cercava di tirarlo dalla parte opposta, senza successo.

– Corradino cosa fai? – chiese allora il papà
– Sto cercando di spostare questo vaso… – rispose il bimbo, spiegandogli che non voleva rischiare di romperlo mentre giocava con gli amici.

Il papà annuì, chiedendogli:
– Sei sicuro di aver usato tutte le tue forze?

– Oh sì papà! Ho provato a sollevarlo, ma è troppo pesante, ho provato a spingerlo da dietro e non si è mosso, ho provato a tirarlo da davanti ma nulla da fare…

– Beh, ma hai dimenticato di provare ad usare la tua forza più grande.

Corradino spalancò gli occhi: di cosa stava parlando il papà?

Nel vedere il bambino così meravigliato, al papà scappò un sorriso; si avvicinò a Corrado, e gli disse:
– Hai dimenticato di chiedere aiuto. Pensi di conoscere qualcuno che possa sollevare il vaso?

Il piccolo Corrado esclamò contento:
– Tu papà! Tu sei fortissimo! Mi puoi aiutare?

Con un sorriso, il papà si mise accanto al vaso e lo sollevò senza problemi. E Corradino si segnò mentalmente: quando tutte le mie forze da sole non bastano, bisogna saper chiedere aiuto agli altri.

Conclusione

Grazie per essere arrivati fino alla fine di questo ventesimo episodio del podcast di MyFedesign. Ebbene sì, nel 2021, che ha visto nascere questo format, abbiamo visto ben 20 puntate insieme. Il che non significa soltanto 20 parole thailandesi, ma anche 20 tipologie di tè.

In particolare, nell’episodio di oggi abbiamo visto insieme il termine Kam Lang Jai ( กำลังใจ ) che ci ha permesso di riflettere sull’importanza di offrire il giusto supporto morale a chi ne ha bisogno, ma anche di saper chiedere aiuto se ci troviamo in difficoltà.

Se vi è piaciuta questa puntata e volete lasciarmi un vostro commento, potete trovare tutti gli episodi sia sul blog myfedesign.com sia nella playlist sul canale YouTube MyFedesign.

E mentre sorseggio il mio ultimo sorso di tè, vi auguro buona giornata e buon anno! Perché questa è l’ultima puntata per il 2021. Arriveranno nuovi episodi l’anno prossimo; spero di rivedervi anche nel 2022.

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