La città di Ayutthaya è tra le città più interessanti da visitare per chi vuole dare approfondire la storia thailandese. Ayutthaya è stata la capitale del Regno del Siam dal 1351 fino al 1767. Attualmente, alcune rovine della città antica presenti nel Parco Storico di Ayutthaya sono state riconosciute patrimonio dell’UNESCO nel 1991.
Origini del nome
La città di Ayutthaya può essere trascritta anche come “Ayudhya”, e deriva dal nome della città indiana Ayodhya. Quest’ultima è la città in cui è nato Rama, secondo i poemi epici Ramayana (versione indiana) e Ramakien (versione thailandese).
La scelta di questo nome fa capire quanto il buddismo abbia influenzato la cultura thailandese. Lo dimostra la scelta del nome della città natale della reincarnazione del dio Visnu, ovvero Rama, come nome per la capitale del regno del Siam.
Piccola curiosità: il nome completo della città in thailandese è “Phra Nakhon Sri Ayutthaya“.
Le origini di Ayutthaya
Ayutthaya venne fondata nel 1351 dal principe siamese Ramathibodi, che fece costruire la città sul punto di affluenza tra i fiumi Chao Praya, Lopburi e Pa Sak. Questo punto strategico fu scelto sia per unificare i regni di Lavo e di Suphannaphum, sia perché in quella posizione fu possibile realizzare un fossato difensivo contro gli altri regni.
La fondazione di Ayutthaya segna l’inizio dell’era successiva al regno di Sukhothai, fondato dai siamesi nel secolo precedente.
Ayutthaya è stata, fin dalla sua creazione, una città cosmopolita che vedeva convivere persone di origine thai, mon, khmer, cinesi, indiane e malesi.
Rapporti con l’estero
Tralasciando tutte le guerre “interne” tra l’impero Khmer (indicativamente stabile nell’odierna Cambogia) e i rapporti con gli stati vassalli, come ad esempio il regno di Ava (parte dell’odierna Birmania), il regno di Ayutthaya ebbe ottimi rapporti sia con l’Occidente sia con altri stati asiatici come Cina e India.
La sua posizione geografica infatti la rendeva un ottimo punto di appoggio per tutti i mercanti dell’area. Non stupisce quindi che Ayutthaya sia diventata un punto di incontro per i mercanti cinesi, vietnamiti, indiani, giapponesi, persiani, portoghesi, spagnoli, olandesi e francesi.
Ma sarà la Francia, sotto Luigi XIV, ad instaurare degli ottimi rapporti con il re Narai, il cui regno durò dal 1656 fino al 1688. Durante il suo regno, gli ambasciatori francesi arrivarono a paragonare la ricchezza della capitale del regno del Siam a Parigi.
Il periodo d’oro di Ayutthaya
Il regno di Narai segna il punto di maggior splendore della storia di Ayutthaya, con tanto di sviluppo delle arti grazie alle ispirazioni dovute ai rapporti con mercanti di ogni cultura. Si tratta del periodo storico in cui a corte ci furono più poeti e scrittori.
In questo periodo il materiale più utilizzato era l’oro, utilizzato sia nelle architetture, sia nei dipinti ma anche nelle rilegature dei libri.
La presenza di diverse comunità straniere portò alla costruzione di diversi edifici di differenti stili architettonici, che arricchirono la città, portandola a contare 3 palazzi reali, 375 templi, 94 porte di ingresso e 29 fortezza difensive.
La caduta della capitale
Dopo la morte del re Narai, avvenuta nel 1688, uno dei cortigiani usurpò il trono, facendo allontanare tutti gli stranieri dal regno, ad eccezione dei missionari. Ciò comportò un drastico cambiamento politico, che tagliò quasi completamente i commerci con l’Occidente concentrando i rapporti del regno del Siam con la Cina. Ed è in questo periodo che ci fu una grande immigrazione cinese nelle terre del regno.
Nel 1760 i birmani misero sotto assedio Ayutthaya, che capitolò il 7 Aprile 1767. I birmani fecero razzia della capitale, mettendo a ferro e fuoco la città, distruggendo manoscritti, testi sacri, templi e deportando buona parte della popolazione, tra cui anche 2000 membri della famiglia reale.
Ayutthaya venne quindi abbandonata, e la natura piano piano si impadronì della vecchia capitale.
Nel 1782 si vedrà la costruzione della nuova capitale del regno del Siam, Bangkok, la quale fu inizialmente costruita seguendo i criteri architettonici e urbanistici di Ayutthaya.
I templi di Ayutthaya
La prima volta che sono stata ad Ayutthaya ho avuto la fortuna di trovare un tassista, o meglio, un guidatore di un Rot Songthaew (un camioncino con la parte retrostante aperta utilizzata solitamente come mezzo di trasporto pubblico – ve ne avevo parlato QUI) che ci ha proposto una gita di 9 templi in una sola giornata, mostrandoci così i templi più significativi della città.
Sono passati più di 10 anni dalla mia visita, basti pensare che l’anno successivo alla nostra gita ci fu un’enorme alluvione ad Ayutthaya, che andò a colpire anche molte zone storiche, e sinceramente non ricordo quali fossero i nomi dei singoli templi (il mio thailandese all’epoca era veramente molto scarso, e i nomi dei templi sono sempre molto lunghi), ma per fortuna internet viene in nostro aiuto.
Ecco quali sono i templi da visitare se passate per la vecchia capitale, oltre al museo nazionale di Chao Sam Phraya e il centro di studi storici di Ayutthaya, dove sono conservati gli oggetti trovati durante gli studi archeologici:
Wat Chaiwatthanaram ( วัดไชยวัฒนาราม )
Wat Mahathat ( วัดมหาธาตุ ) o Wat Maha ( วัดมหา )
In questo tempio la particolarità è sicuramente questa testa di Buddha, che si dice rotolò via quando fu tagliata, e fu protetta dalle radici di questo albero, dove risiede ancora tutt’oggi.
Wat Na Phra Meru ( วัดหน้าพระเมรุ )
Wat Phanan Choeng ( วัดพนัญเชิง )
Wat Phra Ram ( วัดพระราม )
Wat Phra Sri Sanphet ( วัดพระศรีสรรเพชญ์ )
Wat Phu Khao Thong ( วัดภูเขาทอง )
Wat Ratchaburana ( วัดราชบูรณะ )
Wat Suwan Dararam ( วัดสุวรรณดาราราม )
Wat Yai Chai Mongkon ( วัดใหญ่ชัยมงคล )
Piccola curiosità: molte delle statue di Buddha dei templi sono decapitate, non solo per mano dei birmani durante la loro incursione nel 1767, ma soprattutto per la richiesta sul mercato occidentale di teste di Buddha per abbellire le case di ricchi europei e americani che desideravano decorare le loro case con oggetti buddisti.
La moda occidentale di avere statue buddiste in casa
Ebbene sì, molte di quelle teste di Buddha vennero tagliate per rispondere ad un puro desiderio decorativo che si venne a sviluppare in Occidente, ed è per questo motivo che i thailandesi sono molto restrittivi quando si tratta di vendere statue di Buddha a degli stranieri.
Si tratta di una forma di rispetto nei confronti di una religione, il buddismo, che non prevede l’uso delle statue per puro senso estetico, esattamente così come il crocifisso per i cristiani non è solo una croce da indossare perché “va di moda”.
I thailandesi buddisti spesso hanno una stanza apposita dedicata alle statue di Buddha, una stanza dedicata alla meditazione, come vi ho raccontato in questo post, e anche i buddisti cinesi tengono in alta considerazione le loro statue, tanto da offrire loro giornalmente del tè o dell’acqua, oltre a fiori, dolci o frutti durante le festività.
E, da interior designer, vi posso assicurare che esistono un sacco di regole su dove posizionare le statue di Buddha per evitare di mancargli di rispetto.
“Il rispetto si basa sul buon senso”
recitavano alcuni cartelli per turisti di qualche anno fa (nb. il post risale al 2021), in cui si spiegava anche come non fosse rispettoso tatuarsi Buddha solo per decorazione.
È vero che si può dire che “è solo un’immagine”, e che Buddha non è davvero lì dentro, ma se provaste a mettervi nei loro panni, forse anche a voi non sembrerebbe molto corretto utilizzare certe immagini o statue in maniera così superficiale.
Attualmente esistono negozi di souvenir che creano statue ornamentali appositamente per rispondere a questi desideri estetici, con tanto di patentino per dimostrare ai funzionari di controllo negli aeroporti che una determinata statua non proviene dai templi né fa parte della storia thailandese, ma è stata acquistata legalmente da un negozio di souvenir.
Vi lascio anche questa pubblicità, di una organizzazione buddista che sta portando avanti da diversi anni una campagna di sensibilizzazione contro l’uso di immagini di Buddha su oggetti come tappeti, sandali, skateboard, copri-water e contro le foto di turisti in pose irrispettose accanto a statue di Buddha.
E una frase della pubblicità potrebbe suonarvi familiare; si tratta della preghiera di una signora anziana, che si rivolge alla statua di Buddha dicendo: “Perdonali, perché non sanno quello che fanno“. Vi ricorda nulla questa frase? (Piccolo indizio: Luca 23, 33-34)
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